Dalla cultura classica al digital storytelling

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Photo by Suzy Hazelwood on Pexels

Le storie sono viaggi che arrivano dai tempi passati fino ai giorni nostri; permettono di scoprire mondi, conoscere personaggi e costruire sogni.

A partire dal racconto “A clean, well-lighted place” di Hemingway, pubblicato sulla rivista Scribner’s Magazine nel 1933 e solo successivamente nella raccolta “Winner Take Nothing”, gli studenti e studentesse della Classe 3 Classico B del Liceo Gioia di Piacenza hanno realizzato, durante uno dei laboratori di storytelling, una storyboard poi trasposta in racconto da Giovanni Battista Menzani. 

In “Un posto pulito, ben illuminato”, Hemingway porta in scena le tre età della vita: la gioventù (il cameriere giovane, sfrontato ed esuberante), la maturità (l’altro cameriere, malinconico ed empatico: quasi un complice del vecchio), la vecchiaia (il vecchio sordo e solo, e ubriaco).

Da oggi, 17 maggio, e per tutti i lunedì fino al 7 giugno, Libertà, quotidiano di Piacenza, ospiterà nella sezione Cultura e spettacoli alcuni dei racconti più belli dell’era più recente rielaborati dagli alunni del Liceo Gioia.

Buona lettura!

Il racconto del lunedì di Giovanni Battista Menzani

Un posto pulito, ben illuminato
Ernest Hemingway

Esterno notte. In primo piano c’è la fronda rigogliosa di un albero, e sotto l’albero un vecchio uomo è seduto al tavolino; in terra c’è l’ombra delle foglie. Sullo sfondo, un caffè illuminato nella notte.

La telecamera si sposta all’interno del caffè. Due camerieri sono ripresi di spalle, uno ha uno straccio sporco sul collo, l’altro un vassoio in mano. Osservano, con il naso appiccicato alla vetrina, il vecchio fuori, solo, nella notte.

“La scorsa settimana ha tentato il suicidio”, dice il più giovane dei due.
“Per quale ragione?”, dice l’altro.
“Niente”.
“Come lo sai che non aveva una ragione?”
“Ha un sacco di soldi”.

Il vecchio ora è in primo piano, batte con gli occhiali sul vassoio per richiamare la loro attenzione. Il cameriere giovane esce dal caffè per raggiungerlo. Il vecchio vuole un altro brandy. Il cameriere giovane lo ammonisce: “Si ubriacherà”. Una volta rientrato, cerca la bottiglia di brandy tra tutte le altre. “Resterà qui tutta la notte. E io ho già sonno”, si lamenta: “Avrebbe dovuto ammazzarsi la settimana scorsa”. L’altro lo osserva in silenzio, dall’altra parte del bancone.

La scena si sposta fuori, tra i tavolini. Il cameriere giovane sta versando da bere. Ha un’espressione sprezzante. Dice al vecchio: “Avresti dovuto ammazzarti la settimana scorsa”. Primissimo piano del vecchio, che è sordo e non lo capisce, forse. Fa un gesto con le dita come a significare: un po’ di più.

Ora i due camerieri sono seduti nei pressi dell’uscio.

“Non mi piacerebbe essere così vecchio. I vecchi sono cose sporche”, dice il giovane.
“Non sempre. Questo vecchio è pulito. Beve senza rovesciare una goccia. Persino adesso che è ubriaco. Guardalo”.
“Non ho voglia di guardarlo. Vorrei solo che andasse a casa”.

È sempre il più giovane dei due a prendere l’iniziativa (l’altro resta sempre in attesa, quasi in contemplazione). Si avvicina al vecchio per mandarlo a casa: “Finito. Basta stanotte. Adesso chiuso”. Poi con lo straccio pulisce il tavolino, facendo attenzione a non far cadere le pesetas del vecchio – N.B.: siamo in Spagna, negli anni Venti.

Il vecchio, in secondo piano, si incammina con passo incerto lungo la strada deserta.
Poco più tardi, i due camerieri stanno tirando giù la serranda. Sono ripresi di spalle, a tutt’altezza.

“Perché non gli hai permesso di restare a berne un altro?”
“Voglio andare a casa, a letto. Ho una moglie che mi aspetta”.
“Hai gioventù, fiducia e un lavoro. Hai tutto”.
“E a te cosa manca?”
“Tutto, tranne un lavoro”.
“Hai le stesse cose che ho io”, abbozza il più giovane, ma è il primo a non crederci.

Il cameriere più anziano fissa il vuoto davanti a sé. Poi dice al collega, senza rancore: “Siamo due tipi differenti. Io ogni notte sono riluttante a chiudere perché potrebbe arrivare qualcuno che ha bisogno del caffè”.

Hombre, ci sono bodegas aperte tutta la notte”.
“Tu non capisci. Questo è un caffè pulito e piacevole. È illuminato bene. La luce è molto buona e poi, adesso, c’è l’ombra delle foglie”.

Infine i due si allontanano in due direzione diverse.

 

 

“A clean, well-lighted place” è stato pubblicato sulla rivista Scribner’s Magazine nel 1933 e solo successivamente nella raccolta “Winner Take Nothing”; lo potete trovare ne “I quarantanove racconti” (prima edizione italiana: 1947), una vera e propria Bibbia per gli amanti delle short stories. Esempio ante litteram di letteratura minimalista, il racconto esemplifica in modo perfetto il principio dell’iceberg: “I sette ottavi di ogni parte visibile sono sempre sommersi. Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott’acqua, così il mio iceberg sarà sempre più solido. L’importante è quel che non si vede”. Qui, Hemingway mette in scena le tre età della vita: la gioventù (il cameriere giovane, sfrontato ed esuberante), la maturità (l’altro cameriere, malinconico ed empatico: quasi un complice del vecchio), la vecchiaia (il vecchio sordo e solo, e ubriaco).

Il testo che leggete qui sopra è, con alcune modifiche dettate da esigenze di spazio e di lettura, il risultato di un laboratorio svoltosi con la classe 3 Classico B (anno 2020-21) del Liceo Gioia, all’interno del progetto Giovani Connessi.

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