Quanto ne sa il web di te?

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Tre incontri sull’educazione al digitale condotti dal Dr Ivan Ferrero, CyberPsychologist, e Noemi Benvissuto, psicologa, che hanno spiegato i fenomeni e le conseguenze del cyberbullismo, privacy, revenge porn ai ragazzi di quattro classi dell’istituto Carlo Porta di Milano e del doposcuola SpazioPinocchio. Un’iniziativa nata con il progetto Giovani Connessi e coordinata nel territorio di Milano Ovest da Spazio Aperto Servizi.

Tra i temi trattati quello della privacy ha suscitato la curiosità degli adolescenti.

“Un concetto che cambia di pari passo allo sviluppo cognitivo della persona – spiega Ivan Ferrero- per un ragazzo di 13 anni il significato di privacy differisce dal significato reale che un adulto possiede. Perché? Perché il giovane è in una fase in cui gli è complesso comprendere concetti molto astratti, la sua mente è ancora legata a ciò che ha un valore concreto, visibile e materiale. Ecco perché è più semplice spiegare che un malintenzionato ha la possibilità di accedere alle informazioni postate online sui social e farne cattivo uso e non che un motore di ricerca raccoglie ed elabora i dati degli utenti di un servizio.”

Pochi secondi per l’identikit perfetto

Piattaforme, social network, newsletter, applicazioni, videogames, ognuno di questi conserva un pezzetto della nostra quotidianità, frammenti di vita disseminati nel web che possono essere ricomposti e dare forma a un perfetto identikit.

Per dimostrare come ciò sia possibile, durante l’incontro di educazione digitale, si è scelto di proiettare un video dove un famoso illusionista belga sembra leggere nella mente dei partecipanti all’esperimento privati dettagli delle proprie vite. Come sia possibile? Semplicemente grazie a una rapida ricerca sui social network che avviene nella stanza accanto in contemporanea.

 

Senza parole? I ragazzi e le ragazze delle classi sono rimasti stupiti e forse anche un po’ intimoriti da come sia possibile ricostruire la vita di una persona a partire dalle informazioni trovate online: le serate con gli amici, lo sport praticato, le giornate no raccontate ai followers.

Una continua pubblicazione di contenuti alla ricerca della propria affermazione e identità sociale e virtuale. Si stima che vengano pubblicati 3600 contenuti al secondo su Instagram e 41mila su Facebook, ingenuamente e senza considerare eventuali conseguenze sulla vita privata e professionale: molti recruiter infatti utilizzano i social per una prima valutazione dei candidati.

Ed è questo che più sorprende e su cui si vuole far leva per una maggiore consapevolezza nella pubblicazione di contenuti che possano essere utilizzati da terzi a proprio vantaggio. Senza demonizzare la tecnologia e l’uso di internet è necessario informare e formare i ragazzi, mostrando loro le conseguenze e trasmettendo anche un senso di responsabilità, che viene prima nella vita reale che in quella virtuale.

 

 

 

 

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