FareCinema – un video ironico per raccontare il bisogno di visibilità online

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Un cortometraggio che parla di noi, anche se ambientato nello spazio

Durante l’ultimo corso di cinema per adolescenti, i ragazzi e le ragazze partecipanti hanno dato vita a un progetto che, dietro la sua apparente leggerezza, nasconde riflessioni profonde sul mondo digitale contemporaneo. “Carbonara Spaziale” (o “Galattica”, come suggerito da una delle partecipanti) è molto più di una semplice commedia fantascientifica: è lo specchio di una generazione che ha saputo riconoscere nel digitale un linguaggio universale.

La forza di un’idea semplice ma geniale

La sceneggiatura, nata dalla creatività collettiva del gruppo, racconta di Leo, un quattordicenne che durante un’invasione aliena si trova chiuso fuori casa per colpa di un toast bruciato. L’incontro con Zorp, l’alieno “invasore”, si rivela tutt’altro che minaccioso: il visitatore spaziale è infatti un influencer galattico in missione per imparare l’autentica ricetta della carbonara per i suoi follower.

Quello che potrebbe sembrare un semplice espediente narrativo diventa in realtà una riflessione spontanea e arguta sulla condivisione digitale che caratterizza la vita quotidiana di questi giovani. I ragazzi hanno istintivamente compreso che il bisogno di condividere esperienze, ricette, momenti di vita attraverso i social media non è solo una peculiarità terrestre, ma potrebbe essere un linguaggio universale che accomuna ogni forma di vita intelligente.

Il digitale come ponte tra mondi: la riflessione critica di una generazione

Ciò che emerge con forza dalla sceneggiatura è la naturalezza con cui gli adolescenti hanno immaginato un alieno che usa “alientube” (la versione galattica di YouTube) e che si comporta come un qualsiasi food blogger terrestre. Ma dietro questa apparente leggerezza si nasconde una riflessione critica e autoironica sulla propria generazione.

I giovani autori hanno creato un personaggio che, pur di ottenere contenuti per i suoi follower, è disposto a provocare il panico planetario. L’alieno Zorp non è malvagio, è semplicemente ossessionato dalla necessità di creare engagement, di produrre contenuti che catturino l’attenzione del suo pubblico galattico. La sua “missione” sulla Terra non è di conquista, ma di creazione di contenuti virali.

Questa scelta narrativa rivela una consapevolezza sorprendente da parte dei ragazzi sui meccanismi perversi della creator economy. Hanno intuitivamente compreso e rappresentato come la ricerca spasmodica di visibilità e interazione possa portare a conseguenze sproporzionate rispetto all’obiettivo iniziale. L’intero pianeta Terra in stato di allerta per un alieno che vuole solo girare un video di cucina diventa una metafora potente dell’assurdità di certe dinamiche social.

L’alieno Zorp, con il suo traduttore e la sua attrezzatura per le riprese, rappresenta l’estrema conseguenza di una logica che i partecipanti al corso conoscono bene: quella di chi è disposto a tutto pur di mantenere vivo l’interesse dei propri follower. La dinamica che si crea tra Leo e l’alieno – dove il primo diventa “maestro” e il secondo “discepolo” – non è solo una riflessione sulle relazioni digitali, ma anche una critica sottile al potere che i creator sono disposti a esercitare pur di ottenere contenuti.

L’ossessione per l’engagement: uno specchio critico

La genialità della sceneggiatura sta proprio in questo paradosso: un’intera civiltà terrestre terrorizzata da quello che si rivela essere semplicemente un influencer galattico in cerca di contenuti. I ragazzi e le ragazze hanno creato una satira della società dell’engagement, dove la ricerca di visibilità può generare conseguenze sproporzionate e talvolta ridicole.

Il “malinteso comunicativo” di cui parla l’alieno (“anche per quanto riguarda il vostro governo umano che, detta tra noi, mi sembra facilmente agitabile”) diventa una critica arguta alla facilità con cui si genera panico nell’era della sovra-informazione. Ma più di tutto, rivela come i giovani autori abbiano colto il lato grottesco di un mondo in cui la creazione di contenuti è diventata più importante della sostanza stessa del messaggio.

La scelta della carbonara come elemento centrale non è quindi solo una celebrazione della tradizione culinaria italiana, ma diventa il simbolo di come anche i contenuti più semplici e autentici possano essere trasformati in prodotti per l’engagement. I giovani autori hanno inserito nella sceneggiatura la famosa “battaglia” tra puristi e innovatori della carbonara (“panna e cipolla bannate!”), mostrando come anche nell’universo digitale le discussioni più accese nascano spesso da argomenti apparentemente banali, ma che generano interazione e quindi visibilità.

Il momento della restituzione: quando il cinema diventa comunità

La proiezione finale del cortometraggio alla presenza delle famiglie ha rappresentato un momento di particolare intensità emotiva. Vedere i propri figli e le proprie figlie non solo come fruitori di contenuti digitali, ma come creatori consapevoli di narrazioni che parlano del loro mondo, ha offerto ai genitori una prospettiva nuova sul rapporto che i giovani hanno con la tecnologia e i social media.

Il grande schermo ha trasformato quella che era nata come una storia “digitale” in un momento di condivisione analogica, creando un ponte generazionale attraverso il linguaggio cinematografico. I ragazzi hanno dimostrato di saper usare gli strumenti narrativi tradizionali per raccontare la loro contemporaneità digitale, mostrando una maturità creativa che ha sorpreso e coinvolto anche gli adulti presenti.

Una generazione che si auto-analizza

“Carbonara Spaziale” è quindi molto più di un cortometraggio: è il ritratto di una generazione che ha sviluppato un’autoironia critica nei confronti del mondo digitale di cui è parte. I nostri giovani registi hanno saputo immaginare un futuro distopico-comico in cui l’ossessione per i contenuti e l’engagement si estende oltre i confini terrestri, creando una satira efficace della cultura dei social media.

Il personaggio di Zorp rappresenta l’estrema conseguenza della logica dell’influencer: disposto a provocare il panico planetario pur di ottenere il contenuto perfetto per i suoi follower. Ma al tempo stesso, i ragazzi mostrano come questa stessa logica possa essere disarmata dalla semplicità: Leo, il protagonista terrestre, non è impressionato dalla tecnologia aliena o dal dramma dell’invasione, ma si preoccupa pragmaticamente di tornare a casa e insegnare una ricetta autentica.

Il corso di cinema si è così trasformato in un laboratorio di auto-riflessione generazionale, dove i ragazzi hanno potuto esplorare e criticare il loro rapporto con il mondo digitale attraverso gli strumenti della narrazione cinematografica. Il risultato è un’opera che fa sorridere ma che al tempo stesso denuncia, con la leggerezza tipica dell’adolescenza, le contraddizioni di un’epoca ossessionata dalla visibilità a tutti i costi.

E quando alla fine Leo sente nuovamente la voce dell’alieno che questa volta vuole imparare la parmigiana, il suo “Oh no!” finale non è solo un espediente comico, ma la consapevolezza che la condivisione digitale è un processo senza fine, che continua a connettere mondi e culture in modi sempre nuovi e sorprendenti.

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