Quarantena in musica: la magia di un linguaggio collettivo

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Quarantena in musica: la magia di un linguaggio collettivo

di Arnolfo Borsacchi, educatore musicale e formatore Audiation Institute (www.audiationinstitute.org)

Come la musica possa essere d’aiuto alle famiglie con bambini da zero a sei anni in questo periodo nel quale ci troviamo a vivere una condizione mai sperimentata prima?

Mi occupo di educazione musicale per la prima infanzia da più di vent’anni ma vivo solo e non ho figli: chissà, mi sono detto, se sono la persona più adeguata per poter parlare di questo tema senza trasformare queste righe in un trattato teorico poco adatto a questo contesto. Penso, però, di potervi comunque raccontare alcune piccole cose, frutto della mia esperienza, dei miei studi e della relazione con centinaia di famiglie in questi decenni di lavoro.

La musica ci fa compagnia? Ci consola, ci rallegra, ci emoziona? Sì, senza’ombra di dubbio. Ma perché? Esistono dei motivi antichissimi e legati all’evoluzione della nostra specie umana che rendono la musica un linguaggio espressivo che ci rassicura e ci fa sentire protetti. Non è necessario conoscerli per rievocare la sensazione di protezione che abbiamo sperimentato da piccoli fra le braccia della nostra mamma o del nostro babbo mentre ci cullavano canticchiando sottovoce.

La musica è suono organizzato secondo regole culturali. Quando siamo piccoli, il suono diventa musica perché c’è qualcuno che lo produce e lo organizza: l’altro.

E questo “altro” è qualcuno che si prende cura di noi: un genitore, una famiglia, una tribù, un villaggio. La musica è un linguaggio collettivo: la sua magia sta nel riuscire a realizzare dentro di noi questa collettività anche quando siamo da soli.

Quando ascoltiamo musica con i nostri bambini o cantiamo per loro, stiamo mettendo in condivisione ed esplorando insieme la potenza e la magia di questo linguaggio. La musica si riempie di tutti i significati che noi e i bambini le attribuiamo esplorandola col corpo, con le emozioni, col silenzio e con gli sguardi. Non sono necessarie troppe parole. La musica è loro, è nostra ed è di tutte le persone che non sono con noi ma che, in un certo modo, ci sono lo stesso; ripeto ancora: quando viviamo un’esperienza musicale questa non è mai un’esperienza di solitudine ma sempre un’esperienza di relazione. Rievocare l’esperienza musicale dentro di noi, nel silenzio, significa, insieme a molte altre cose, rievocare una relazione con dei soggetti che sono nostri simili, entrarvi in sintonia, percepire un senso di appartenenza ad una comunità. Ciò è vero in senso ampio e generale ma anche in senso particolare e legato alle nostre esperienze individuali: è frequente che un brano ci ricordi una persona, una vacanza, un momento della nostra vita, un’emozione. Recuperare, custodire, evocare un repertorio musicale che sia stato e sia significativo nella nostra vita ci regala la possibilità, nell’isolamento forzato, di non essere realmente soli.

In questa quarantena ho cantato, suonato e composto molti brani: ogni volta, per me, è stato un modo di riavvicinarmi con la memoria e con le emozioni alle famiglie e alle bambine e ai bambini con cui lavoro, ai miei amici, ai miei cari e al mio passato, con uno sguardo più sereno sul futuro.

Possiamo liberare il tappeto dai giochi e dagli oggetti che, con il loro essere costituiti di materia tangibile, ci chiamano e ci seducono e scegliere un piccolo repertorio per vivere un momento di relazione musicale con bambini e bambine. Bastano tre piccoli brani brevi. Possiamo cantare o possiamo ascoltare da un buon impianto stereo. Proviamo a rinunciare all’idea che la musica debba essere legata ad un video: lasciamo il corpo libero e posiamo il nostro sguardo su qualcosa che non sia uno schermo. Se riusciamo a lasciare che il silenzio fra un brano e l’altro non ci faccia paura, godiamocelo! Sarà il luogo in cui nascerà il desiderio di una ripetizione, di un nuovo ascolto; sarà il luogo in cui potremo osservare cosa resta, della musica, nel nostro corpo e nelle nostre emozioni, nel corpo dei bambini e nei loro sguardi.

Suggerisco di provare a cercare piccoli brani strumentali o cantati, di durata inferiore a 2-3 minuti e di creare un piccolo e prezioso momento di ascolto quotidiano, magari prima del pranzo o al risveglio dal sonnellino pomeridiano.

Ma quali brani? Dove li trovo? A questa domanda dovete rispondere voi. Un piccolo consiglio: iniziate a condividere coi bimbi qualcosa che vi permetta di evocare un ricordo o una persona, un desiderio o un luogo. In seguito provate a fare una piccola ricerca nei brani delle tradizioni di tutti i paesi del mondo; è sufficiente digitare “folk songs” preceduta dal nome di un paese o di una cultura per trovare cose bellissime. Potete selezionarne alcune brevi, preferendo le esecuzioni con strumenti  acustici alle versioni riarrangiate e/o eseguite elettronicamente.

 

 

Photo by Clark Young on Unsplash

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