LA NOIA CHE FA RIMA CON GIOIA

di

 

Metà mattina di un mercoledì piovoso, col cielo basso e l’aria fredda.
Entro a scuola per incontrare un gruppetto di 2 ragazzi e 4 ragazze di terza media.
Pakistan e Bangladesh.
Stiamo facendo insieme un percorso di integrazione e in questi giorni abbiamo cominciato a costruire le famose tesine da presentare all’esame di fine anno.
Li conosco da settembre e ci siamo visti in presenza 2 volte alla settimana, dribblando le classi in quarantena, facendo tamponi, immaginando espressioni sotto le mascherine, poi a distanza, a volte con mezzi di fortuna ma con intensità. Poi di nuovo in presenza ricontandoci per vedere se c’eravamo ancora tutti, ma mancava qualche studente, qualche bidella, qualche insegnante.
Ma poi sono ritornati.
E noi con la nostra zattera, a fare la traversata tra le correnti e le onde.

Mercoledì piovoso, e li trovo spenti. Giù di tono.

Arrivati nella nostra piccola classe (l’aula di scienze), capisco subito che non è una buona giornata per lavorare sui collegamenti delle tesine.
Manca energia e ci serve stare bene.
Comunico che forse non parleremo di tesine, perchè prima bisogna cantare.
Sgranano gli occhi.
“Sì – dico – per prima cosa oggi si canta! O almeno chi se la sente. Ma prima di tutto bisogna trovare il titolo della canzone e poi scrivere il testo.”
“Noi?!?”
“Certo. Su! Su! Su! Chi va alla lavagna a scrivere?”
“Io! Io! io!”
Allora, a turno, un paio scrivono alla lavagna e tutti insieme si inventa una frasetta, smussandola insieme divertendoci. Un testo un pò sgangherato, ma nessuna parola a caso. Li conosco e so esattamente cosa stanno dicendo. O almeno ne sono convinto.
Penso a come è nato il blues, guardandoli.
Chiedo ad una di loro di mettere una base musicale sul suo tablet, così può fare la DJ, visto che non se la sente di cantare, ma è entusiasta. DJ col velo e musica elettronica.
Gli altri cominciano ad improvvisare il canto, chi sottovoce ridacchiando, chi come se fosse su un palco, uno balla anche un pò e poi tutti si ride di tutto.
Tantissimo.

Una spontaneità bellissima, una grande gioia.

Ora c’è leggerezza nell’aria e possiamo ricominciare a creare mappe concettuali, ma con un motivo diverso.
Ci sono momenti in cui, quando si sta bene insieme, non serve nulla.
Solo cercare un pò di ritmo.

Ecco il testo un po’ sgangherato della nostra canzone:

SIAMO DI PASSAGGIO?
Noi possiamo esser felici?
Forse un giorno sarò grande
ma non sempre sarò happy
perchè noi siamo incompresi si si si
sì sì sì

Walter Somà, Educatore Polo Exodus Gallarate

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