L’aura che rimane – L’esperienza di Amico Dolci nel progetto “Dappertutto”

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«Il silenzio che precede e segue una esecuzione musicale è importantissimo. Alla fine dell’esecuzione rimane qualcosa nell’aria: un’aura piena di emozioni e significati. Un giorno, durante la lezione, quel silenzio fu interrotto da una frase pronunciata da un bimbo piccolissimo, con tanto entusiasmo da suscitare l’approvazione generale: “Questa volta è venuta benissimo!”». A raccontare questo episodio con una punta di orgoglio, è Amico Dolci, esperto del laboratorio di musica del progetto Dappertutto, dove bambini di età da 3 a 6 anni intraprendono la loro prima avventura nel mondo delle sonorità, esplorando le potenzialità degli strumenti musicali e della propria voce attraverso il gioco e la sperimentazione.

Amico Dolci fa musica da quasi cinquant’anni, è un flautista di fama, ha suonato con grandi orchestre, è docente al conservatorio di Palermo e presidente del Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci: ne ha tanti, motivi di orgoglio. Eppure, quella frase pronunciata da un bambino è un piccolo grande successo per lui: se il parere degli altri conta, quello dei bambini è ancora più importante, perché espresso con genuina spontaneità.

«Alcuni sostengono che i bambini fanno baccano e tendono a distrarsi», commenta Dolci, «ma hanno torto: i bambini posseggono una sorprendente capacità di attenzione ed ascolto nei confronti di ciò che succede attorno a loro. Hanno una naturale tendenza a mettersi in relazione, ad amalgamarsi pur rimanendo singolarmente creativi.

Sono concentratissimi su quello che fanno loro e su quello che fanno gli altri, come una piccola orchestra in cui ciascuno ha rispetto dell’altro: questo mi emoziona. Io vengo da una famiglia in cui la musica era importante: dare la possibilità di scegliere, fare, dare e ascoltare la musica significa offrire un’occasione in più di ascolto reciproco, un mezzo per amalgamarsi con gli altri e mettersi in relazione, pur rimanendo se stessi».

L’esperienza dei laboratori rischiava di interrompersi perché, finito a gennaio il primo ciclo con successo, il ciclone della pandemia ha annullato la possibilità di riprendere le attività, almeno in presenza.

«Abbiamo dovuto reinventarci e cambiare i metodi», ricorda Dolci, «per esempio, quando lavoravamo in presenza c’era un momento iniziale in cui davamo le indicazioni. Nella modalità remota dobbiamo usare giochi sonori per invitare i bambini a partecipare captando la loro attenzione. Prima dobbiamo sperare che si colleghino, possibilmente con le famiglie e, in particolare, con i fratellini, cosa che prima non succedeva. Oltre ai bambini e agli educatori, adesso vengono coinvolte le famiglie, che chiedono, vogliono maggiori informazioni sui giochi sonori che pratichiamo. È anche questo un modo per diffondere la cultura musicale. È una sfida che si rinnova di volta in volta. Non avevamo mai lavorato in questo modo. C’è meno improvvisazione, che pure in musica è importante. Abbiamo imparato a concentrare l’essenziale in pochi minuti. Se riusciamo a interessarli, sono gli stessi bambini a produrre. Con questo sentimento ci accingiamo, ogni settimana, a realizzare un contributo video da sottoporre ai nostri piccoli allievi».

E alla fine, lo sforzo ha portato risultati? «Nel quartiere ci sono ricadute importanti», risponde Dolci «che abbiamo potuto riscontrare confrontandoci soprattutto con gli insegnanti della scuola partner di progetto: la scuola dell’infanzia dell’Istituto Comprensivo Statale “Amari Roncalli Ferrara”. Abbiamo scoperto un nuovo piacere di essere uguali, insieme, per quanto distanziati, e la musica diventa il mezzo per sentire questa vicinanza. Ma la più grande soddisfazione l’abbiamo provata con un bimbo molto piccolo, che l’anno scorso purtroppo interrompeva continuamente la lezione, tanto che eravamo costretti ad allontanarlo o a dargli degli incarichi per responsabilizzarlo e consentire la prosecuzione del lavoro. Ebbene, quest’anno lo abbiamo trovato completamente cambiato, più propositivo, interessato: un ometto. È il tipo di crescita che ci aspettiamo dai nostri piccoli allievi: come persone, come atteggiamento nei confronti della musica e come responsabilizzazione nei confronti del gruppo».

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