Verso la fase 2

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La fotografia dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ultimo mese e mezzo mostra bambini e ragazzi che, con il prolungarsi dell’isolamento sociale, manifestano comportamenti disadattivi. Le famiglie si sono trovate impreparate nella gestione della “convivenza forzata”, e mentre all’inizio della quarantena impazzavano sui social video di ogni tipo di creatività, ora impiegare il tempo delle lunghe giornate diventa sempre più complicato. Con il protrarsi delle restrizioni nascono ulteriori difficoltà per le famiglie, in particolare di natura economica, che inficiano ancora il già difficile clima casalingo.

Passa tempo ed i nostri bambini e ragazzi, fino al mese scorso super impegnati tra attività sportive e laboratori, oggi sono ridotti a gestire le loro relazioni solo ed esclusivamente attraverso i social oppure le videolezioni. I genitori si lamentano da anni dell’eccessivo tempo trascorso dai propri figli davanti ai device, ma oggi sono diventati una necessità. Il tempo passa e quegli scambi online, che nella normale quotidianità sono alimentati dalla presenza fisica a scuola, in palestra, in centro, cominciano a venir meno. Molti sono i docenti, come i coach sportivi, che si sono adoperati, attraverso le più svariate piattaforme, a tenere su il morale, a cercare di mantenere una continuità, ma oggi non basta più.

 

Cosa ci lasceremo alle spalle? A quali difficoltà andranno incontro i nostri bambini e ragazzi? Come si può intervenire affinché ci sia una ripresa della normalità poco “rischiosa”?

 

Sicuramente il lockdown vissuto in queste settimane ci lascia un paese colpito non soltanto dal dolore di perdite importanti ma anche profonde ferite causate da una crisi economica che si sta abbattendo sulle famiglie più povere e su tutti i nuclei familiari improvvisamente impoveriti dall’emergenza e dalla chiusura delle attività produttive e commerciali non essenziali. Le conseguenze sul piano educativo sono importanti: la scuola, in qualità di seconda agenzia educativa dopo la famiglia e quindi più prossima ai minori, nella sua formula “a distanza” non è riuscita a raggiungere tutti, sia per difficoltà di connessione, sia per mancanza di device a disposizione, sia per appartamenti piccoli e/o sovraffollati in cui non è possibile avere un proprio spazio per studiare.

Di fronte al rischio concreto di un forte aumento della povertà educativa, già tanto presente nel nostro Paese la ripresa, l’avvio alla fase 2, non può essere lasciata all’improvvisazione, occorrono esperti nel settore dell’infanzia e dell’adolescenza che rendano disponibili le proprie competenze per accompagnare le famiglie e di conseguenza i loro figli al ritorno alla normalità. Non ricomincerà tutto insieme e non subito, ma il bisogno di socializzazione e di movimento fisico diventa incalzante.

Anche il Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, in una dichiarazione adottata lo scorso 8 aprile, chiede che vengano rispettati i diritti dei minorenni.

Sul piano scolastico la proposta è di cambiare prospettiva e di avviarsi ad una “didattica della vicinanza”, fatta di pochi contenuti didattici e di tanta ricerca di emozioni, coinvolgendo bambini e i ragazzi, per esempio, in giochi online che possono stimolare la loro fantasia e creatività. Non tutti conoscono il vero significato di didattica a distanza: insieme di attività didattiche che si svolgono all’interno di un progetto educativo. Ed è questo l’aspetto che deve emergere ora, quello educativo fatto di relazioni, dove le parole, i volti, i sorrisi, diventano veri e concreti, sebbene in audio e in video, in una empatia che corrobora e arricchisce la persona, vista come insieme di sentimenti, spesso contrastanti. I docenti potrebbero essere affiancati da esperti in pedagogia e in psicologia.

Una particolare attenzione deve essere data, cosa finora esclusa dall’attenzione generale del l’intero paese, ai bambini della scuola dell’infanzia cioè la fascia d’età 3-5 anni. Non essendo la scuola dell’infanzia considerata dell’obbligo, non le si riserva la giusta attenzione. Bambini che hanno come punto di riferimento le maestre per gran parte della loro giornata si sono all’improvviso visti abbandonati. I bambini di 5 anni l’anno prossimo avranno il loro ingresso alla scuola primaria: il percorso di accompagnamento al passaggio non ci sarà. Anche in questo caso sarebbe opportuno avvalersi e di educatori che possano sostenere bambini e genitori.

La collaborazione tra i diversi ambiti di intervento e tra istituzioni pubbliche e soggetti della società civile e di terzo settore a livello locale nel campo del lavoro con i bambini e ragazzi va sistematizzata in modo organico, favorendo la co-progettazione, favorendo le attività di animazione culturale-sociale, promosse dall’associazionismo, rivolte ai minori e agli adolescenti, dando, ad esempio, la possibilità di creare laboratori all’aperto, momenti di svago, piccoli spettacoli teatrali, cinema all’aperto, restituire ai bambini la gioia di giocare con i propri coetanei, recuperare i ragazzi adolescenti alla relazione, sempre nel rispetto delle norme di sicurezza dettate dal COVID-19, rianimando così quei presidi territoriali che ora più di prima sono indispensabili. Si potrebbe richiedere ai Sindaci di ogni Comune di mettere a disposizione, per alcuni giorni della settimana, parchi o ville, “sorvegliati” da volontari, in cui, a piccoli gruppi, si può dare la possibilità a nuclei familiari con bimbi piccoli di passeggiare, e ad altre fasce di età di poter giocare. Si possono prevedere in orari diversificati. Si possono svolgere attività sportive, magari chiedendo l’aiuto di istruttori sportivi della zona.

È necessario mobilitarsi subito per quelle fasce d’età che sono sempre state definite vulnerabili e di cui oggi tutti ci accorgiamo. È necessario sostenere, affiancare ed accompagnare le famiglie in questa nuova fase della nostra vita.

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