Il Coronavirus come momento di crescita familiare e sociale

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È un momento storico particolare, difficile, inaspettato nella sua complessità. È pandemia! Non fa distinzione di ceti sociali e di condizioni economiche. Si estende a tutti. Le scuole sono state chiuse e pian piano anche le aziende e gli esercizi commerciali subiscono restrizioni. Si sta a casa, tutti coloro che possono starci lo devono fare.

L’impatto sul quotidiano, sul piano psicologico, è importantissimo. Le fasce deboli, oltre agli anziani, sono ancora una volta i bambini e noi adulti, questa volta, dobbiamo dedicarci seriamente a loro. Per i nostri bambini e ancor di più per gli adolescenti, abituati da noi ad essere impegnati in mille attività per tutta la settimana, è dura stare in casa con sé stessi, a fare i conti con la propria noia. Tanti sono gli esperti che in questi anni hanno invocato la “noia” come momento importante e necessario per scoprire la propria persona, ma difficilmente qualcuno l’ha sperimentata: ora è il momento di farlo. Certo i genitori devono dimostrare, ora più che mai, il loro ruolo di guida. È necessario trasformare un momento di ansia, di paura diffusa in qualcosa di positivo, ovvero recuperando quel tempo che ci viene sottratto dal lavoro, dalla velocità e dagli impegni, riscoprirsi genitori di bambini che presto diverranno adolescenti e poi adulti che non ci saremo goduti abbastanza.

Con i più piccoli è necessario lavorare sulle ansie che la situazione internazionale sta generando. Tutti siamo 24 ore su 24 ad ascoltare Tg che ci parlano solo delle evoluzioni del Coronavirus, delle vittime che provoca e degli ospedali al collasso, e quando lasciamo la TV abbiamo i social che ci tengono continuamente in allerta proponendo scenari catastrofici. La paura c’è ed è normale e non va messa a tacere. La paura è un’emozione con cui tutti facciamo i conti nella vita, ed è giusto che i bambini imparino ad affrontarla. Occorre spiegare loro quanto accade, passo dopo passo, con parole semplici, con degli esempi che possono essere alla loro portata. Questo perché i bambini “capiscono”, non sono troppo piccoli per “capire”. Assorbono il nostro stato d’animo ed è giusto renderli consapevoli. All’improvviso ci vedono girare con mascherine: perché? A cosa servono? È uno scherzo? Ed ancora: perché #Iorestoacasa? Perché non posso vedere i miei amichetti? C’è il sole, perché non passeggiamo? Perché non andiamo a fare sport? Perché non possiamo andare dai nonni?

È sicuramente di aiuto per i genitori, se non riescono a rispondere in maniera adeguata ai tanti perché, leggere qualcosa che spieghi cosa sia il Coronavirus, magari avvalendosi di quanto ha scritto Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, in una lettera alla figlia, seriamente allarmata (di seguito riportata).

 

È un virus. È così piccolo che lo si può vedere solo in laboratori speciali con microscopi speciali. Ecco perché ci spaventa tanto. Perché è invisibile a occhio nudo. Da sempre noi esseri viventi abbiamo paura di ciò che ci può fare male e che non si può vedere. Succedeva all’uomo delle caverne che andava a caccia di animali feroci che erano nascosti nelle foreste. Lui non li vedeva e doveva andarli a cercare. Loro stavano appostati in luoghi nascosti e, per non essere uccisi, potevano ucciderlo. È lì che il nostro cervello ha imparato ad accendere l’emozione della paura. Ci ha dotato della capacità di avvertire un pericolo che non si vede. Ci fa sentire l’allarme quando ancora non abbiamo davanti a noi il pericolo. Così siamo più preparati ad affrontarlo quando ci si presenta davanti.

La paura è come la sirena dell’ambulanza che suona dentro di te. La senti e ti avverte che qualcosa di grave sta per succedere. Bisogna correre all’ospedale per evitare che le cose precipitino. Il coronavirus, oggi, fa suonare tutte le sirene d’allarme del mondo. Ne parlano in continuazione alla televisione. Ci sono adulti più tranquilli, altri in ansia, altri molto spaventati: e poi c’è gente con i nervi saldi che sta lavorando giorno e notte per combattere questo rischio. Purtroppo hanno cancellato le gite scolastiche. Non si fanno più gli allenamenti sportivi. Sembra di stare in guerra, ti viene da pensare. E così provi una paura difficile da addomesticare. Non posso togliertela quella paura, ma posso dirti che, mentre è giusto sentire l’allarme per qualcosa che ci minaccia, allo stesso tempo dobbiamo imparare a prendere le cose nella giusta misura e per quello che sono.

È vero: il coronavirus è un nuovo agente di infezione che per la prima volta sta colpendo gli esseri umani. Prima era presente solo nel corpo di alcuni animali. È vero: il coronavirus ha contagiato migliaia di persone in Cina e nel mondo e ora è presente nella nazione in cui vivi anche tu. È vero : ci sono persone infettate dal coronavirus che sono morte. Però, affermato che queste sono tre verità che tutti sappiamo, ecco altre verità che, in questo clima di allarme, vengono raccontate, ma le persone colgono molto meno. Il contagio al momento ha colpito un numero molto ristretto di persone. La malattia si è localizzata in alcune zone precise, chiamate focolai di infezione. Quando è stata identificata la zona del focolaio, gli esperti hanno preso tutte le precauzioni possibili per non farlo uscire da lì. È come un animale in trappola. Ecco perché gli abitanti di alcuni paesi e città sono oggi in isolamento e quarantena. Viene chiesto loro di non uscire dal loro territorio, così da non trasportare il virus in luoghi in cui esso ancora non è arrivato.

La malattia prodotta dal coronavirus è simile ad un’influenza. Fa tossire, starnutire, dà febbre. In molte persone il virus non produce nemmeno questi sintomi. Solo pochissime persone si ammalano con sintomi molto più gravi, come la polmonite. Ad oggi, il 2% delle persone affette dal virus è morto. Vuol dire che di tutti gli ammalati, muore, purtroppo, una persona su 50. E sappi che tra i malati non ci sono praticamente bambini. Ovvero, sembra che chi ha la tua età, ha una capacità naturale di resistere all’attacco del virus. Che, quindi, per i bambini non rappresenta una reale minaccia.

Inoltre, considera che: nei luoghi in cui c’è l’infezione, ci sono migliaia di persone. Di quelle migliaia di persone, pochissime contraggono l’infezione, di quelle pochissime solo 1 su 50 muore. È tristissimo sapere che una persona muore per una malattia. Però è importante che tu consideri che la paura che senti, riguarda una minaccia che ha pochissime probabilità di riguardare la tua vita. Ma tutto il mondo, proprio per evitare, che questo accada, oggi si sta dando da fare per evitare che questa infezione si diffonda. È fondamentale perciò che le persone vengano allertate e allarmate. Perché così percepiscono un rischio e imparano a fare tutto quello che serve per evitare che esso si trasformi in un pericolo crescente. È quello che hanno già fatto con te i tuoi genitori da quando sei nato. Ti hanno insegnato che prima di attraversare la strada, devi aspettare che il semaforo diventi verde. Altrimenti rischi di essere tirato sotto da un’automobile. E questo ti ha permesso di imparare ad andare in giro sicuro per il mondo, sapendo come evitare gli incidenti. Ti hanno insegnato che non si può mangiare solo cotoletta e patatine. Perché il tuo corpo ha bisogno anche di fibre e vitamine che trovi nella frutta e nella verdura. Solo così puoi mantenere un corpo sano. Ti hanno insegnato che quando navighi in rete non devi fornire le tue generalità – nome, cognome e indirizzo – a nessuno, perché non sai chi c’è dall’altra parte.

Per il coronavirus è un po’ la stessa cosa. Il mondo adesso viene avvertito che la fuori c’è un virus di cui non conosciamo molte cose. E perciò ce ne dobbiamo difendere. Ogni giorno nei laboratori, gli scienziati stanno lavorando per trovare un vaccino e una cura. In ogni momento, le persone che ci governano stanno promuovendo leggi per tutelare la nostra salute. In tutti gli ospedali il personale medico e paramedico è pronto a curare le persone che si ammaleranno. E i malati hanno il 98% di probabilità di guarire. Così come, al momento, la quasi totalità della popolazione ha ottime probabilità di non ammalarsi. Gli esperti di prevenzione ci dicono di fare poche cose che sono molto importanti: — se ti viene da tossire e starnutire, fallo nel cavo del gomito. In questo modo, non solo si riduce il rischio di diffondere il coronavirus, ma qualsiasi altro virus respiratorio — lavati bene le mani, sopra, sotto e tra le dita, con il sapone liquido, per un tempo di alcune decine di secondi. Potresti cantare per intero «tanti auguri a me» mentre ti lavi le mani, così riesci a far durare l’operazione il giusto tempo e nel frattempo ti dici una cosa bella e ti metti «dentro» un po’ d’allegria — usa fazzoletti di carta e cestinali subito dopo — non metterti le mani in bocca, negli occhi, nel naso (ma questo lo sapevi già!) e non mangiarti le unghie. Anzi tienile corte e curate.

Ecco tutto qui: questo è quello che puoi fare tu in prima persona per far fuori quel mostriciattolo fantasma, chiamato coronavirus. Non si può dire nulla di più. Avere paura oggi è naturale. Siamo spaventati e dobbiamo difenderci da qualcosa che non abbiamo ancora imparato bene a conoscere e affrontare. Ma l’uomo, nel corso della storia ha saputo fare cose straordinarie. Ha imparato a vincere malattie ben più terribili, ha inventato missili che possono portarci sulla luna, ha scoperto come trasformare la luce del sole in energia che fa accendere la luce di notte nelle nostre case, quando fuori c’è il buio. La paura ci fa vedere tutto buio e cupo. Ma tu non perderti nel buio. Affidati al lavoro di milioni di persone che oggi stanno lavorando e combattendo per vincere la battaglia contro il coronavirus. Impara a immaginarle tutte insieme. Un esercito infinito di milioni di uomini e donne – medici, ricercatori, scienziati, infermieri, forze dell’ordine – contro un invisibile microscopico virus. Ce la faremo, vedrai, ce la faremo.

 

La nostra scuola non è pronta alla formazione a distanza: le chat delle scuole sono bollenti per la difficoltà di alcuni genitori di organizzarsi dovendo comunque lavorare. Soprattutto nella scuola primaria, l’erogazione a distanza di compiti ed esercitazioni, su piattaforma o su email o su whatsapp, è inefficace se non accompagnata da una qualche forma di contatto a distanza. Maria Montessori spiegava che “per avere qualcosa di buono a distanza devi sempre collegarti ad una presenza”. Gli esperti suggeriscono di mandare messaggi personali ai propri alunni, in accordo con i genitori, per chiedere anche semplicemente come stanno, non per caricarli di esercizi. Questo può avere una particolare valenza per i bimbi dell’infanzia, che nelle maestre hanno un punto di riferimento.

Possiamo dare spazio al movimento con qualche esercizio ginnico … al ballo a casa … al dipingere un arcobaleno su un cartellone o su un lenzuolo con la scritta “TUTTO ANDRÀ BENE” come ha suggerito qualcuno per poi appenderlo sulle nostre finestre o sui nostri balconi per lanciare un’onda di positività.

 

Per quanto attiene gli adolescenti, hanno un bisogno fisiologico e implicito di stare nel fuori. Si sa che è in aula, nell’incontro con i docenti e con i compagni, che si sta bene, nel confronto quotidiano. Ma oggi è il momento di mettere in campo una competenza, quella più difficile: quella competenza si chiama responsabilità. Ed è ciò che differenzia un adulto da un bambino. È il momento di sfruttare al meglio i social, per fare gruppo, per essere vicini anche se ognuno a casa sua, per dare spazio all’educazione tra pari, invitandosi reciprocamente alla responsabilità. È il momento di dare spazio a quei compiti che, per essere efficaci, devono essere sulla realtà o su un’idea di esplorazione. Spazio ai pensieri. Ai progetti. Alla musica. Alla lettura di un libro. Alla visione di un bel film. Occorre trovare il modo giusto per rendere questo periodo di sospensione delle attività didattiche un piacere di scoprire la dimensione cooperativa del tempo domestico come un’opportunità di crescita, andando a rinforzare una relazione emotiva e sociale coi ragazzi, dove la scuola è presente in modo collaborativo, non in esonero dalle responsabilità, in modo da garantire anche un sereno rientro e la ripresa della quotidianità.

Per concludere, come sostiene l’OMS è normale sentirsi tristi, confusi e spaventati durante una crisi, ma alcuni semplici rimedi possono aiutarci: parlare con le persone di cui ci fidiamo, cercare informazioni solo su fonti attendibili (Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, OMS), non consultare in modo ossessivo i social o i canali che presentano scenari catastrofici. È bene mantenere uno stile di vita sano (non fumare, non bere), anche dovendo stare a casa e continuare a sentire gli amici e la famiglia per telefono o per mail, nell’idea che tutto passerà e ne usciremo con qualche insegnamento in più.

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