Compiti@Casa: a Napoli la vera sfida è la didattica a distanza
di parsec
A raccontare il progetto è Georgia Castiglione, referente campana per l’Aps Traparentesi: «Abbiamo creato un rapporto di fiducia con le famiglie. I tutor sono meravigliosi, sempre alla ricerca di modi per migliorare»
Quattro scuole, uno stesso territorio, ma quattro mondi completamente diversi. A Napoli il progetto Compiti@casa si innesta su una realtà scolastica multiforme esattamente come la città. A raccontare come vanno le cose in Campania, una delle quattro regioni coinvolte nel progetto, è Georgia Castiglione, formatrice e coordinatrice regionale di Compiti@casa per conto dell’associazione di promozione sociale Traparentesi. «Traparentesi è un’associazione fortemente radicata sul territorio», spiega. «Nata nel quartiere Sanità, che rappresenta il cuore del centro storico di Napoli, l’associazione nasce dal basso, dalla volontà di lavorare con i ragazzi e le ragazze del territorio, offrendo opportunità in un contesto segnato da una forte povertà educativa e da poche alternative concrete. L’intento alla base è proprio questo: creare possibilità dove prima non ce n’erano».
Le scuole secondarie di primo grado coinvolte sono l’Istituto comprensivo Cristoforo Colombo di Frattaminore e la Scuola secondaria di primo grado Gobetti-De Filippo di Quarto, entrambi situati nell’hinterland napoletano. Gli Istituti comprensivi Radice Sanzio Ammaturo e Confalonieri-Ristori si trovano, invece, nel centro storico di Napoli. Quest’ultimo, in particolare, è il risultato dell’accorpamento di due grandi plessi scolastici. «Le scuole in cui operiamo riflettono un po’ la stessa realtà di Napoli», prosegue Castiglione: «una città grande che contiene al suo interno tante dinamiche diverse. E queste dinamiche si riflettono all’interno degli istituti scolastici, tanto che ogni scuola diventa un mondo a sé stante». Ogni istituto ha i suoi bisogni e le sue sfide. Anche all’interno dello stesso centro storico le scuole presentano, infatti, caratteristiche diverse: «La Confalonieri Ristori, per esempio, ha una forte presenza di studenti con background migratorio, mentre la Radice Sanzio Ammaturo presenta un’utenza differente: i ragazzi e le ragazze necessitano, soprattutto, di essere motivati e supportati, di sentirsi dire che ce la possono fare».
A volte la differenza tra una scuola e l’altra dipende soprattutto dal caso. Per Georgia Castiglione la concentrazione di studenti con background migratorio in una sola delle due scuole del centro interessate dal progetto è legata innanzitutto alla situazione abitativa delle famiglie immigrate. «Può darsi semplicemente che abitino più vicino a una scuola rispetto a un’altra», osserva. «In generale, però, le comunità tendono a gravitare più o meno sempre negli stessi luoghi. Spesso succede che alcune famiglie inizino a frequentare una scuola e, trovandosi bene, la consiglino ad altre della stessa comunità che arrivano dopo. In questo modo, col tempo, si crea un legame stabile tra la scuola e la comunità straniera».
Per questo, in alcuni casi come quello della Confalonieri Ristori, il segretariato socio-educativo previsto all’interno del progetto è stato potenziato con figure che hanno esperienza lavorativa in contesti interculturali, facilitando così la mediazione con le famiglie con background migratorio. In altre scuole, invece, sono state privilegiate figure con competenze più orientate all’ambito educativo e psicologico. «Così non solo alla Confalonieri Ristori, ma anche nelle due scuole di Quarto e Frattaminore, conoscendo la presenza di famiglie con background migratorio, abbiamo attivato un servizio di mediazione linguistico-culturale tramite lo sportello di segretariato socio-educativo. Questo ha permesso di costruire una relazione molto forte anche con la scuola, che ha riconosciuto il progetto Compiti@casa come un alleato importante per entrare in contatto con queste famiglie». Da parte loro le famiglie che si sono rivolte allo sportello per chiedere informazioni sulle scuole di italiano sono state indirizzate verso i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti o verso altri istituti preposti alla stessa funzione. Insomma, che sia lo sportello di segretariato socio-educativo o l’attività di tutoraggio il progetto Compiti@casa cerca di andare nella stessa direzione di contrasto alla povertà educativa. «Si è trattato di una doppia presa in carico», prosegue la coordinatrice: «da una parte, quella degli studenti da parte dei tutor, che sono diventati un vero punto di riferimento, quasi come fratelli e sorelle maggiori; dall’altra, quella delle famiglie, seguite dal segretariato socio-educativo, che si è occupato di ascoltarle, capire come stanno e di cosa hanno bisogno».
All’Istituto Radice Sanzio Ammaturo, dove il progetto è già attivo da qualche anno, sono stati gli stessi ragazzi e ragazze a chiedere di poter usufruire dell’attività di tutorato. «Chi ha chiesto spontaneamente di partecipare in genere è stato molto volenteroso e costante lungo tutto il corso del progetto, mentre altri si sono dimostrati meno pronti e disponibili a cogliere la sfida del digitale: una sfida particolarmente impegnativa in una città come Napoli, dove non tutte le famiglie sono pronte ad affrontare una relazione didattica a distanza». Non a caso, con la Dad introdotta durante la pandemia si è registrato un alto tasso di dispersione scolastica anche tra gli studenti delle scuole dell’obbligo. «Molte famiglie non hanno un computer», rimarca la coordinatrice. «Fanno tutto con il cellulare e magari il computer non sanno neppure come si accende».
Anche stabilire una relazione a distanza con i tutor può costituire una sfida. «È una dinamica a cui molte famiglie non sono abituate. Per fortuna, però, abbiamo avuto una sorpresa positiva», aggiunge Castiglione. La durata triennale del progetto rappresenta, infatti, un punto di forza, che permette agli operatori di costruire una relazione solida con gli studenti e i loro genitori, diventando una presenza fissa nella scuola, sia come servizio di mediazione scuola-famiglia sia come ponte tra le famiglie e il territorio. «Abbiamo il tempo di farci conoscere, di creare fiducia. È una relazione che si costruisce anche informalmente, ma che mantiene viva la connessione tra terzo settore, famiglie e scuola. La cosa più bella è proprio aver visto nascere una vera e propria alleanza educativa intorno ai ragazzi e alle ragazze. Non c’è più una separazione tra scuola, associazione promotrice del progetto e famiglie: si lavora insieme, per loro».
Anche i tutor hanno dato il meglio di sé. «Sono meravigliosi, io li adoro. Hanno tanta voglia di fare e dimostrano una grande serietà. Inoltre, sono sempre pronti a mettersi in discussione. Se un ragazzo non si collega, spesso scrivono per chiedere se è successo qualcosa, se sono loro ad aver sbagliato e cosa possono fare per aiutarlo». Alcuni, poi, si stanno formando per diventare insegnanti e così il progetto Compiti@casa diventa per loro una vera palestra, un modo per sperimentarsi. «I tutor ai ragazzi ci tengono, ma coltivano anche il confronto con noi e con l’università», conclude Castiglione. «C’è un dialogo continuo su come migliorare. Non è un percorso statico, ma qualcosa che evolve, e facendo domande si cerca sempre di fare meglio».
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