Secondi (Parsec): «Spesso i tutor diventano un punto di riferimento»
di parsec
Compiti@Casa, la referente del Lazio: «Il digitale può diventare uno strumento di autonomia per i ragazzi e le ragazze»
Da chi affronta ostacoli linguistici dopo un recente arrivo in Italia da un altro paese a chi fatica nel passaggio dalle elementari alle medie: nel Lazio il progetto Compiti@Casa è attivo in cinque diversi istituti compresivi, tre a Roma (Municipi III e V) e due tra Rieti e provincia. «Nelle scuole di Roma avevamo già lavorato in passato, mentre a Rieti siamo entrati quest’anno per la prima volta», spiega Giorgia Secondi, psicologa e referente territoriale per il Lazio del progetto per la cooperativa sociale Parsec, ente capofila. «A Roma avevamo già collaborato con queste scuole in progetti dedicati alla prevenzione, al benessere e al contrasto alla dispersione scolastica. A Rieti, invece, abbiamo dovuto costruire nuove relazioni e nuove alleanze, ma il percorso nel suo insieme è stato lineare e positivo».
I ragazzi e le ragazze coinvolti nel tutorato hanno profili diversi e bisogni eterogenei: qualcuno ha lacune pregresse, altri hanno difficoltà linguistiche per via del background migratorio altri ancora stanno affrontando momenti critici del loro percorso scolastico. A loro fianco gli studenti universitari provenienti in gran parte dall’Università Sapienza di Roma, che li accompagnano nel percorso di apprendimento e possono rivelarsi quasi come fratelli e sorelle maggiori. «Il tutorato uno-a-due ha funzionato, il rapporto personalizzato fa la differenza», sottolinea la referente. Tuttavia è proprio il legame umano tra tutor e studenti a emergere con maggiore forza: «In molti casi i tutor diventano un punto di riferimento e, perfino, un modello da seguire. Le famiglie ci raccontano che alcuni ragazzi e ragazze hanno iniziato a parlare di Erasmus, di cosa studieranno all’università. Vediamo entrare in connessione mondi che prima sembravano lontani».
Alcuni ragazzi e ragazze non saltano mai un appuntamento, altri hanno una frequenza più discontinua. «Quando si crea un’alleanza educativa forte tra tutor e studente, il percorso funziona. Ma serve anche un’alleanza con le famiglie. Dove questa manca, il progetto fa fatica a partire. Per questa ragione, la costruzione iniziale di un patto educativo con i genitori è fondamentale», prosegue Secondi che, all’interno del progetto, si occupa anche di coordinare il servizio di segretariato socio-educativo presente nelle scuole: un presidio pensato per le famiglie, spesso con background migratorio, che hanno bisogno di supporto burocratico o digitale.
Tra gli aspetti più stimolanti del progetto vi è senz’altro il superamento di alcune diffidenze da parte delle famiglie. «Dopo la pandemia alcuni genitori erano scettici nei confronti della riattivazione degli strumenti digitali», conclude la psicologa. «E invece è stato bello scoprire che il digitale può diventare uno strumento di autonomia anche da parte dei ragazzi e delle ragazze che, sono diventati sempre più indipendenti nell’accesso alla piattaforma, anche rispetto alle stesse figure adulte. E ora sono loro a spiegare ai genitori come scrivere sul forum o come comunicare con i tutor. Insomma, con il tempo sono diventati protagonisti del proprio percorso».
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