L’importanza del progetto riabilitativo individuale e gli IAA

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Il 10 Febbraio 2011 la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome ha approvato il documento, frutto di un gruppo di lavoro sulla riabilitazione, presieduto dal sottosegretario On. Francesca Martini, contenente il Piano d’indirizzo sulla riabilitazione, all’interno di un approccio globale alla gestione dei servizi sanitari.

Lo strumento principale per concretizzare questa impostazione unitaria è il “percorso assistenziale integrato”, basato sulla valutazione multidimensionale sanitaria e sociale.

Scopo dell’intervento riabilitativo è la partecipazione dell’individuo non più come ‘persona malata’ ma come ‘persona avente diritti’. Quindi il suo compito è di conoscere la sua globalità per poi realizzare tutti gli interventi sanitari necessari a far raggiungere le condizioni di massimo livello possibile di funzionamento e partecipazione, in relazione alla propria volontà e al contesto in cui si vive.

In tale ambito il Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) rappresenta lo strumento specifico, sintetico e organico definito dal medico specialista in condivisione con gli altri professionisti coinvolti. In questa visione risulta fondamentale la piena informazione e  la partecipazione consapevole e attiva alle scelte e agli interventi da parte della persona che ne è al centro, della famiglia e del suo contesto di vita.

Nel contesto riabilitativo, va posto al centro il concetto di ‘qualità di vita’ che tenga conto dei fattori personali che risultano determinanti per la dimensione antropologica dell’individuo e del contesto di vita della persona.

Il concetto di lavoro interdisciplinare è riferito a competenze rilevanti per professionalità che debbono essere applicate in ambiti trasversali, cooperando con professionalità diverse, per rispondere a problematiche comuni.

L’assunzione fondamentale del modello biopsicosociale è che ogni condizione di salute o di malattia sia la conseguenza dell’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali.

La commissione sulla riabilitazione pediatrica del Ministero della Sanità scrive in un documento del 15 Novembre 2004: “Nel processo riabilitativo è (…) importante evitare ogni tendenza a frammentare il bambino nell’insieme dei sintomi associati alla Disabilità, proponendo situazioni terapeutiche scarsamente coordinate” (L. Cavedon, 2019).

La riabilitazione in età evolutiva viene definita dalla Società Italiana di Neuro-Psichiatria Infantile e dell’Adolescenza nel 2005 come “Processo complesso teso a promuovere nel bambino e nella sua famiglia la migliore qualità di vita possibile. Con azioni dirette e indirette essa si interessa dell’individuo nella sua globalità fisica, mentale, affettiva, comunicativa e relazionale (carattere olistico), coinvolgendo il suo contesto famigliare, sociale, e ambientale (carattere ecologico). Si concretizza con la formulazione del progetto riabilitativo e dei vari programmi terapeutici” (L. Cavedon, 2019).

In questi termini risulta chiara l’intenzione di non isolare il paziente dalla sua storia e dai vari contesti di vita, pertanto risulta importante ampliare lo sguardo per individuare e di conseguenza attivare la rete entro la quale in paziente è inserito.

Gli Interventi Assistiti con gli Animali rispondono in maniera intrinseca a una visione biopsicosociale della persona presa nella sua interezza e inserita nei suoi luoghi di vita. Si è pertanto in sintonia con quanto richiesto dall’OMS (sia da un punto di vista di rete che da un punto di vista del setting). “L’incremento di benessere nelle persone mira infatti a risvegliare e a rendere vitali tutte le aree di buon funzionamento psicofisiche. L’animale in tal senso, è un partner senza alcun pregiudizio, aperto a qualsivoglia modalità di coinvolgimento e di comunicazione. Sta all’equipe progettare un intervento che consenta alla persona di esplorare al meglio tutte le sue potenzialità, modulando il setting con ausili appropriati sulle specifiche esigenze, scegliendo anche l’animale che meglio si presti a garantire al paziente il suo funzionamento ottimale” (L. Cavedon, 2019).

Gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA), in passato genericamente indicati con il termine di “Pet Therapy”, comprendono una vasta gamma di progetti finalizzati a migliorare la salute e il benessere delle persone con l’ausilio dell’animale.

Oggi considerata una co-terapia, in quanto presuppone una competenza di cura, gli IAA devono essere improntati al rispetto della legislazione vigente e, nei processi educativi e terapeutico-riabilitativi, su specifici criteri scientifici. Si richiedono pertanto l’applicazione di protocolli che contemplano la presa in carico del paziente/utente, la stesura di un progetto individualizzato, la definizione degli obiettivi, la verifica periodica dei risultati raggiunti e la capacità di lavorare in équipe da parte di specialisti che spesso appartengono ad ambiti scientifici e culturali molto diversi (Linee Guida Nazionali, 2015). Si prevede quindi il coinvolgimento di una équipe multidisciplinare in grado di gestire la complessità della relazione uomo-animale, composta da diverse figure professionali, sanitarie e non, e operatori che collaborano alla progettazione e alla realizzazione dell’intervento, ognuno con le proprie competenze.

Dott.ssa Silvia Strologo
(Cavalli delle Fonti Onlus)

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