INTERVENTI ASSISTITI NELL’INFANZIA – Rassegna delle ricerche più importanti

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Levinson, come abbiamo visto negli articoli precedenti (leggi qui l’ultimo), si occupò della cura dei bambini con disturbi attraverso l’ausilio dell’animale, e dimostrò che «gli animali domestici diminuiscono il grado di alienazione fornendo comunicazione con la natura, contatto, piacere e compagnia, svolgendo un ruolo cruciale nello sviluppo emozionale del bambino e nella prevenzione dei disturbi mentali. L’animale domestico può diventare il catalizzatore tramite il quale il bambino entra in contatto con sé stesso e con la realtà.

L’amore per l’animale crea una relazione di fiducia reciproca e di sicurezza e con ciò lancia un ponte verso una maggiore consapevolezza di sé» (Levinson, 1963, 243).
Negli anni ’70 ad opera di Harry Harlow di Mason si svilupparono le ricerche etologiche sui primati, con lo scopo di comprendere quali sono i legami tra il neonato e la madre. Queste ricerche furono rivoluzionarie poiché misero in luce il fondamentale ruolo svolto dalla relazione madrepiccolo. Gli studi dell’epoca andavano a ricercare quali fossero i meccanismi mentali
potenzialmente responsabili della genesi di alcune malattie psichiatriche e dei danni del neurosviluppo causati da un innaturale rapporto nelle fasi neonatali e infantili (Ballarini, 1994, 10).

Per quanto riguarda la Terapia Assistita con gli animali da compagnia rivolta ai bambini con spettro autistico, è importante citare lo studio di Redefer L.A. e Goodmann J.F. I partecipanti all’esperimento sono stati 12 soggetti, 3 femmine e 9 maschi, di età compresa tra i 5 e 10 anni, che frequentavano un centro per autistici.

Sebbene ci fosse una differenza nei sintomi, tutti presentavano un ritardo mentale e dimostravano caratteristiche prettamente autistiche, come isolamento sociale, ripiegamento su sé stessi e linguaggio assente o scarso. L’esperimento si articolava in quattro fasi: durante la prima fase l’interazione fra il terapeuta e il bambino era facilitata dall’utilizzo di giocattoli; il terapeuta rimaneva passivo per i primi e gli ultimi cinque minuti dell’osservazione, ma nei cinque minuti centrali cercava di relazionarsi con il bambino attraverso il gioco. Nella seconda fase, durante le prime sei sessioni, il terapeuta incoraggiava l’approccio e l’esplorazione dell’animale da parte del bambino attraverso attività come toccarlo, prenderlo in braccio e coccolarlo, ma si teneva fuori dalla relazione. Dalla settima alla dodicesima sessione, dopo che si era stabilito un contatto fisico tra animale e bambino, l’enfasi veniva spostata sui giochi. Attraverso le attività del nutrirlo, lanciare la palla, gonfiare palloncini, spazzolarlo, il terapeuta entrava lentamente nella relazione bambino-animale. La terza fase riprendeva la dinamica della relazione bambino-terapeuta della prima e si osservava un’interazione maggiore con il terapeuta.

 

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Nella quarta fase, dopo un mese, si poteva osservare che il miglioramento dell’interazione sociale che il bambino aveva raggiunto grazie all’introduzione dell’animale risultava comunque sopra la linea di base, anche se aveva subìto una lieve diminuzione (Redefer & Goodman, 1989, 462, 463, 464).

Questo breve studio suggerisce che l’animale può avere un forte impatto sull’isolamento del bambino autistico, e facilitarne l’interazione sociale con l’altro, rendendolo parte attiva nella
relazione.
Il rapporto bambino animale è una diade che risulta ideale per quanto concerne la vivacità, la spontaneità, la sensibilità, la capacità ludica dei due protagonisti: l’animale può essere un meraviglioso compagno di giochi e non si dovrebbe dimenticare la fondamentale importanza che il gioco ha per il bambino a livello emozionale, cognitivo e relazionale.

Il vantaggio di un «co-terapeuta a quattro zampe» potrebbe essere dato dal fatto che tra bambino e animale il gioco risulta un momento chiave della relazione e costruisce il canale di comunicazione privilegiato, che come tale nasce spontaneo, naturale, senza imposizioni né regole predefinite (Ballarini,1996, 25).

Attraverso la relazione con l’animale, il bambino potrebbe imparare ad esprimere le proprie emozioni e a dominare le nuove situazioni, cioè a conoscere sé stesso e il mondo che lo circonda, a
sviluppare la propria gestualità, elaborare nuovi meccanismi di relazione e comprendere l’esistenza delle regole sociali: in altre parole imparare a comunicare.

L’équipe di Cavalli delle Fonti Onlus

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