Cittadinanza Neurodivergente. Il primo passo è la formazione

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Già da alcuni mesi, ha preso il via il primo, dei tre corsi di formazione previsti all’interno del progetto e rivolti ad educatori e addetti ai nidi per l’infanzia

Il progetto sperimentale “Cittadinanza Neurodivergente” ha mosso i suoi primi passi e lo ha fatto partendo dalla formazione.

Già da alcuni mesi, ha preso infatti il via il primo, dei tre corsi di formazione previsti all’interno del progetto e rivolti ad educatori e addetti ai nidi per l’infanzia, con l’obiettivo di implementare nei professionisti, quelle competenze che permettano loro di captare nei bimbi più piccoli, segnali che potrebbero suggerire la presenza di neurodivergenze.

Ben 40 professionisti attivi all’interno dei tre distretti della provincia spezzina sono così entrati in aula. L’obiettivo, nel corso dei tre anni di attività del progetto, è di arrivare a formarne più di 100.

Il fine del corso – spiega Alberto Brunetti – Cooperativa sociale I ragazzi della Luna – Fondazione AUT AUT- è quello di fornire quelle informazioni che consentano al maggior numero di educatrici e di addetti, persone che hanno contatto continuo e diretto con i bambini, di individuare quelle piccole e grandi anomalie che sono riscontrabili nei primi 3 anni di vita. In quel periodo – continua Brunetti- ci sono tante piccole avvisaglie”.

Il personale, così formato, sarà in questo modo dotato del giusto bagaglio di competenze per fornire quelle segnalazioni che consentiranno prima di monitorare per alcuni mesi il comportamento del bimbo e qualora sarà ritenuto necessario, di consigliare un’eventuale visita esplorativa all’ ASL competente.

Lo scopo di del progetto – evidenzia Brunetti- è quello di individuare i segnali presenti in un bambino di una fascia d’età più piccola possibile, per consentirgli un percorso riabilitativo il prima possibile”.

Autismo. L’importanza di lavorare in squadra

La formazione è solo la prima di molte fasi di un progetto complesso e sperimentale che durerà 3 anni.

“Cittadinanza Neurodivergente – racconta Maurizio Mezzani -Isforcoop – ha preso il via con una prima fase formativa in aula. Per aumentare la sua efficacia l’abbiamo esteso non solo ai partner di progetto -principalmente associazioni che sul territorio si occupano del settore educativo nella fascia 0-6- ma anche al personale dei nidi comunali e il Comune, a sua volta, lo ha allargato anche a quello dei nidi privati.

I momenti formativi saranno tre – sottolinea- Uno per anno. In aula arrivano persone che già conoscono bene la tematica, questi corsi servono per uniformare il linguaggio, trovare intenti comuni e lavorare in squadra”.

Un obiettivo importante del progetto sarà anche quello di intervenire lì dove ci sono sacche di povertà educativa ed economica. “Formata questa prima squadra di azione – dichiara Mezzani– andremo ad allargare la comunicazione anche ad ambienti informali, come i centri di accoglienza Caritas, ludoteche, parrocchie, parchi etc….”

 Perché è importante questo momento formativo? La parola a chi è entrato in aula

Cristiana Camparini Coopselios (partner di progetto)

“Questo momento formativo è importante ai fini della creazione di una rete che possa funzionare su tutti e tre i distretti, per osservare meglio e dialogare meglio anche con altri servizi come la Neuropsichiatria e con i pediatri, con l’obiettivo di rendere visibili quei bambini che potrebbero avere qualche difficoltà. Noi possiamo aiutarli prima”.

Raffaella Luti, insegnante di scuola di infanzia comunale

Faccio parte dei servizi educativi del Comune e sono qui per trovare qualche risposta a quelle che sono le criticità che troviamo nel nostro lavoro, nell’ambito dell’individuazione dei casi, ma anche nel rapporto con le famiglie, con le istituzioni, con la Neuropsichiatria, con i pediatri, che fanno la parte più importante nel proseguire quello che noi possiamo vedere con i primi segnali. E poi per la diffusione, spero, di una cultura più ampia dell’autismo. Questi bambini e queste famiglie hanno bisogno di essere accolti da tutti con un cambiamento di mentalità nei confronti di questa sindrome”.

 

 

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