La riapertura della scuola e la comunità educante: intervista alla dirigente scolastica Francesca Lo Nigro

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Con Francesca Lo Nigro, dirigente scolastica della Direzione Didattica Aristide Gabelli, cominciamo a indagare sullo stato attuale e le visioni future per una ripresa in sicurezza delle attività scolastiche.

Che situazione si registra alla vigilia dell’apertura?

«È una situazione molto difficile: la maggiore difficoltà sta nel non avere certezze e non poterne dare. Le direttive ministeriali cambiano giorno dopo giorno e quello che è in gioco è sì la sicurezza ma, altrettanto importante, la relazione. Per questo abbiamo deciso di partire non il 14 ma il 24 settembre, per dare maggiori certezze ai genitori. Inoltre entrambi i plessi sono sede di seggio elettorale».

Puoi spiegare meglio la necessità relazionale che senti di dover proteggere?

«Voglio dire che è prioritario fornire un luogo sicuro ma anche garantire una sicurezza emotiva. Questa è la mia priorità. I genitori hanno vissuto il disagio di un anno scolastico monco e adesso hanno paura di dover sostenere un altro anno scolastico e familiare come lo scorso: hanno bisogno di sicurezza. Non voglio iniziare diffondendo eventuali comunicazioni e non poterle rispettare: non ce lo possiamo permettere».

Avete sentito le famiglie? Che umori registrate?

«Molta confusione e angoscia. Anche per questo ho deciso di dare stabilità, soprattutto per i genitori lavoratori. Ho mantenuto l’ora di 60 minuti, ho sfalsato solo di 20 minuti l’ingresso, ho sistemato tutti i bambini all’interno della scuola: ecco abbiamo fatto ricorso alla nostra arte di arrangiarci. La responsabilità non è solo legale ma morale, relazionale».

Sono arrivati i banchi monoposto e le mascherine?

«Ad oggi non sono arrivati i banchi monoposto e ci siamo organizzati con quelli a due posti, riuscendo a garantire lo stesso le distanze prescritte. Abbiamo utilizzato tutti gli spazi che avevamo dalla palestra al salone. Chiaramente tutto sarà diverso ma ci stiamo impegnando al massimo e sto riscontrando una grande energia e motivazione nel personale. A oggi sono arrivate solo 2000 mascherine e gel disinfettante. Considerato il numero di alunni e del personale, potrei coprire solo un paio di giorni. Avremmo bisogno di altro personale scolastico per garantire il rispetto delle norme di sicurezza, avremmo bisogno di più docenti. Avremmo bisogno di interventi strutturali in palestra e nel salone in modo da dividerli in più spazi. Ma se non ci saranno novità ci arrangeremo ugualmente».

Quali sono le domande più pressanti, più difficili?

«Quelle che riguardano i bambini con disabilità. Ma anche su questo stiamo lavorando. Forniremo i docenti di sostegno di visiera e stiamo garantendo un’attenzione particolare a tutte le necessità che emergono».

Quale pensi sia il ruolo della comunità educante costruita insieme in questi anni?

«Non posso non pensare subito a ciò che si è attivato durante il lockdown: se non fossimo stati parte di una comunità educante si sarebbe registrato un alto livello di dispersione scolastica. Non è avvenuto grazie all’impegno di tutti gli enti partner, ognuno nel suo campo hanno messo in moto enormi energie. Il Centro Tau in particolare è stato fondamentale. Penso inoltre alla necessità che sta emergendo riguardo al sostegno psicologico, anche in questo caso sarà molto utile ricorrere all’azione del nostro progetto che garantisce il sostegno ai ragazzi e alle famiglie. Penso che sarà importante progettare delle attività fuori dalla scuola, in spazi aperti che diano oltre all’attività laboratoriale un’apertura e un contatto con i luoghi della città».

 

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