Progetto BIG: primo tavolo di programmazione
di ciesonlus
La filosofia del “chill”
Ciò che emerge dal primo incontro BIG rappresenta un cambio di approccio per la sua semplicità: valorizzare il “chill” come tempo rigenerativo, secondo i codici degli adolescenti stessi. Favorire “l’incontro paziente” dove ognuno possa rispettare i propri tempi per “uscire dal guscio“. Persino “saper stare nella noia” diventa una competenza educativa da sviluppare negli spazi informali.
È l’antitesi dell’approccio tradizionale che vede negli adolescenti un problema da risolvere. Qui si parte dal riconoscimento che i giovani hanno risorse proprie, linguaggi specifici, tempi diversi da quelli degli adulti.
I numeri di un’emergenza sottovalutata
L’urgenza di questo cambio di paradigma emerge dai dati più recenti.
Circa 11,2 milioni di bambini e ragazzi dell’Unione Europea soffrono di disturbi psichici e, tra i 15 e i 19 anni, circa l’8% soffre di ansia, il 4% di depressione (Report UNICEF).
Il 35,9% dei giovani ha avvertito la necessità di supporto psicologico ma non si è rivolto a nessun professionista (Consiglio Nazionale Giovani).
L’antidoto alla frammentazione
Il progetto BIG individua uno dei problemi centrali: “spesso chi entra da una ‘porta sanitaria’ riceve solo risposte cliniche, chi entra da una ‘porta sociale’ solo supporto sociale“. La soluzione proposta è una “visione integrata e interprofessionale” che superi le barriere tra servizi.
Non è solo teoria. I partecipanti al Tavolo di programmazione del progetto BIG hanno delineato pratiche concrete: équipe multiservizi che coinvolgano enti istituzionali e terzo settore, formazioni congiunte per docenti, genitori e operatori, protocolli operativi condivisi per velocizzare le risposte.
Prevenzione
Una delle proposte più innovative riguarda la tempistica degli interventi. “Alcune docenti hanno sottolineato l’urgenza di superare la rigida separazione tra scuola primaria, media e superiore, in quanto le difficoltà emergono già in età molto precoce“. La proposta è di anticipare i percorsi di sensibilizzazione già dalla quarta e quinta elementare.
Ma attenzione: non si tratta di medicalizzare l’infanzia. Gli interventi dovranno avviare, nei luoghi di vita e di socializzazione degli adolescenti, forme di presidio flessibili e prevalentemente non medicalizzanti.
Il protagonismo negato e ritrovato
I dati raccontano di una generazione che si sente incompresa. Il 58% degli adolescenti pensa che gli adulti capiscano sempre meno i ragazzi, i loro sentimenti, i loro timori, soprattutto perché, dicono: “viviamo in un periodo storico diverso dal loro” (Indagine Demopolis per Con i Bambini, novembre 2024).
Il progetto BIG risponde con una strategia opposta: “Garantire il coinvolgimento attivo degli adolescenti nella programmazione e nella valutazione dei progetti” e “Inserire giovani nei tavoli di lavoro e ascoltare il loro punto di vista“. Rifiutare “approcci coercitivi (es. divieto assoluto di cellulari), prediligendo dialogo, fiducia e co-progettazione”. In particolare sui temi come le nuove tecnologie, il digitale, i social network: avere fiducia nella capacità dei giovani di riflettere su uno strumento che loro utilizzano in modo nativo, e condividere insieme dunque processi, saperi, pericoli, opportunità, decisioni.
Un approccio necessario se si considera che, secondo l’indagine Demopolis, quando hanno un problema personale solo il 43% degli adolescenti lo condividerebbe con un genitore o familiare, mentre i genitori pensano che il 74% dei loro figli si rivolgerebbe a loro. Un divario che fotografa la difficoltà comunicativa tra generazioni. Trovare un linguaggio comune è stata infatti una delle pratiche più importanti da condividere nel progetto.
Dai corridoi ai patti cittadini
L’approccio del progetto BIG valorizza anche i “momenti non produttivi, come corridoi o aree informali“, riconoscendo che spesso è proprio negli spazi interstiziali che avvengono le relazioni più significative. È una lezione che rovescia la logica dell’efficientismo educativo: a volte perdere tempo insieme è il modo migliore per costruire benessere.
L’ambizione finale è grande: mappatura dei servizi presenti, stesura di raccomandazioni/linee guida per interventi efficaci di prevenzione, presa in carico e contrasto del disagio psicologico e sociale degli adolescenti.
Un’idea che trova terreno fertile: secondo l’indagine Demopolis, l’83% degli italiani condivide l’affermazione che “la responsabilità della crescita dei minori è di tutta la comunità” (Indagine Demopolis per Con i Bambini, novembre 2024).
Mappare
Dal Tavolo è emersa infine l’esigenza di una mappa del territorio che segnali i servizi attivi per il benessere dei giovani: che si tratti di servizi istituzionali e ben consolidati o di sperimentazioni appena partite, è utile lavorare alla creazione di una mappa che restituisca le tante risorse a diversi stadi di sviluppo che possono essere messe in rete.
“Il simbolo della rete è il fulcro: saper chi c’è, chi fa cosa, e come si può collaborare“: è la risposta alla frammentazione che caratterizza troppo spesso gli interventi sui giovani.
Oltre l’emergenza
Il progetto BIG guarda oltre l’emergenza: “La sfida è mantenere viva questa rete, darle forma operativa, e soprattutto farla parlare con la loro voce anche dei ragazzi. Solo così si potrà costruire un sistema che promuove davvero il benessere psicologico in un tempo complesso come l’adolescenza“.
Forse è proprio qui il punto centrale del cambiamento: smettere di parlare di adolescenti e iniziare a parlare con gli adolescenti. Dal “chill” ai patti cittadini, una parola alla volta.
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