Un Summer Camp che ha il sapore di STEM

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Nei mesi estivi appena conclusi ha avuto luogo, presso gli spazi di 311 Verona, un summer camp sulle STEM, discipline scientifico-tecnologiche, che ha coinvolto studenti di scuole medie e superiori attraverso laboratori stimolanti e innovativi, progettati attentamente da educatori e appassionati di tecnologie.

L’iniziativa rientra all’interno del progetto Fabschool in 311 Verona. Attualmente in Italia si contano cinque poli Fabschool rispettivamente nelle province di Verona, Belluno, Vicenza, Mantova e Ancona inseriti all’interno o in prossimità di contesti scolastici e gestiti da diverse realtà presenti nei territori.

Cosa sono i Fabschool

​​I Fabschool sono luoghi di apprendimento non formale rivolti a docenti e studenti dove è possibile sperimentare nuove tecnologie e accrescere le competenze digitali. Questi luoghi traggono ispirazione dalla filosofia dei Fablab, luoghi aperti a chiunque sia interessato a condividere idee e progetti partendo dalla consapevolezza che il confronto con persone con competenze diverse dalle proprie sia sempre altamente arricchente.

progettazione bambini

 

Le sfide proposte sono progetti di realtà

Sono state due le sfide proposte durante il summer Fabschool: la prima, che desidero raccontarvi, è stata la progettazione e costruzione di una casa domotica mentre la seconda ha riguardato la creazione di un orto smart capace di autoregolare la quantità di acqua di cui hanno bisogno le piante per crescere forti e sane.

I ragazzi hanno avuto modo di sperimentarsi su progetti reali in modo operativo con variabili concrete e questo fattore li ha motivati moltissimo. 

La casa domotica di Fabschool

La sfida, resa possibile grazie alla tecnologia micro:bit, consisteva nel costruire una casa domotica attraverso l’utilizzo di sensori in grado di “catturare informazioni dall’ambiente” e attuatori che permettono di svolgere attività in risposta alle condizioni esterne. Per lavorare con il microcontrollore di Micro:bit è necessario dedicarsi dapprima alla parte elettronica che prevede di collegare tutti i sensori scelti alla schedina e successivamente alla parte informatica in cui vengono date istruzioni al sistema sul funzionamento. Questa seconda attività avviene attraverso il software Makecode.org che si presenta come un sistema di programmazione a blocchi particolarmente adatto al target dei giovanissimi che aiuta ad allenare il pensiero computazionale.

laboratorio microbit

La casa è stata costruita con la scatola da scarpe, progettata interamente dai ragazzi che hanno deciso come e quanto curarla in termini di allestimento e di innovazione tecnologica.

Marco Dal Corso, educatore del Summer Fabschool ci ha raccontato come si è svolta l’esperienza: «Il primo e secondo giorno abbiamo insegnato le basi del micro controllore dando una mini base di elettronica. Facevamo vedere una feature dell’ambiente di sviluppo e i ragazzi la testavano. Ad esempio abbiamo ricreato il noto gioco “sasso – carta – forbici” collegando due pulsanti al micro controllore che presenta un display integrato: premendo il pulsante 1 si otteneva “sasso”, il pulsante 2 faceva apparire “carta” e la combinazione di 1 e 2 “forbici”. Il resto della settimana li ha visti impegnati nella progettazione del proprio modellino»

I giovani partecipanti al laboratorio hanno imparato ad istruire un “computerino” dicendogli come comportarsi in risposta a determinate condizioni ambientali (ad esempio: se l’umidità si abbassava, si accendevano le luci) proprio come avviene nelle nostre case dotate di piccoli o grandi impianti di domotica. 

laboratorio di coding per bambini

Continua Marco: «Abbiamo lasciato totale creatività nel costruire la casa. Abbiamo stabilito delle funzioni obbligatorie come il sistema di ventilazione collegato al sensore di temperatura, l’accensione dei led collegati al sensore di luminosità e l’apertura della porta collegata al sensore di movimento che non tutti sono riusciti a far funzionare. Qualcuno si è spinto oltre progettando l’apertura simultanea di porta e garage con un sistema a doppio motore, altri hanno predisposto una vasca da bagno che si riempiva con dell’acqua.»

Abbiamo chiesto a Marco cosa lo avesse colpito maggiormente di questa esperienza e, senza esitare, ci ha risposto che è rimasto sorpreso dalla preparazione che hanno dimostrato i ragazzi rispetto all’informatica ed elettronica di base. «Si vede che sono nativi digitali, a differenza della nostra generazione che seppur giovane difficilmente ha approcciato le tecnologie prima degli 11 anni e nella grande maggior parte dei casi lo ha fatto a scuole superiori inoltrate»

Insegnami a fare da solo

Gli educatori del Summer Fabschool, esperti di tecnologia e sensibili in modo particolare al tema education, hanno testato tecnologie e processi nelle settimane precedenti per comprendere tutti i possibili problemi che si sarebbero potuti verificare. Questo attento lavoro è fondamentale se si intende lasciar grande autonomia ai ragazzi nell’individuare la propria modalità per raggiungere l’obiettivo.

Alla base dell’esperienza formativa c’è il “fare”, un approccio esperienziale che mette il giovane nella condizione di sviluppare competenze concrete e la volontà di “lasciar fare” senza voler insegnare ma piuttosto facilitare processi di apprendimento.

Inoltre le attività sono pensate per essere scalabili in modo da offrire la possibilità, a chi dimostra più predisposizione e competenza, di avanzare con livelli di maggiore complessità.

ragazze coding

La parola ai ragazzi

Abbiamo intervistato un partecipante, Jacopo, di 10 anni che in giugno ha concluso la quinta elementare chiedendogli di raccontarci la sua esperienza personale a Summer Camp.

Perché hai deciso di iscriverti a Summer Fabschool?

Perché mi piace molto la tecnologia e sopratutto usarla per creare cose nuove.

Puoi raccontare la sfida che avete affrontato questa settimana?

Bisognava fare una casa domotica, mettere i motorini per fare le ventole, accendere delle luci con dei sensori…

Che cosa hai imparato di nuovo questa settimana?

Ho scoperto micro:bit che è una schedina molto semplice da usare su cui ho provato a mettere dei led e altri sensori per gestire tutta la casa.

Cosa ti è piaciuto di più e cosa ti è piaciuto di meno?

Mi è piaciuto tutto praticamente. È un po’ come Scratch alla fine perché devi dare istruzioni attraverso dei blocchi.

Questa esperienza ti ha aiutato a comprendere cosa vorresti studiare alle scuole superiori?

Mi ha aiutato a capire che vorrei fare la Steam che è una scuola superiore che si trova a Rovereto dove si fa moltissima tecnologia e si parla solamente in inglese.

Si va in scena

Per i ragazzi è stata un’esperienza estremamente orientante volta a conoscere l’applicabilità delle nuove tecnologie, a riscoprire un senso di praticità talvolta poco stimolato e a maturare la consapevolezza rispetto alla volontà o meno di approfondire queste discipline in futuro attraverso percorsi di studio ad hoc. 

L’ultimo giorno della settimana di Camp è stata organizzata una “maker faire” in perfetto stile anglosassone con tavoli disposti a isole sui quali i ragazzi hanno esposto i propri lavori e hanno spiegato ai genitori e ai professionisti presenti in sala le scelte fatte in fase di progettazione e le funzionalità presenti all’interno della propria casa domotica.

Non sono mancati i malfunzionamenti dell’ultimo minuto che, però, non hanno mortificato i giovani progettisti, anzi li hanno spinti a darsi spiegazioni e a motivare in modo estremamente razionale e tecnico quali fossero le possibili cause.

Insomma, obiettivo raggiunto!

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