Pensieri a Distanza

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Pensieri a Distanza

La didattica a distanza, in queste difficili settimane, ha avuto e ha due significati: da un lato, sta servendo a mantenere viva la comunità di classe, di scuola e il senso di appartenenza, combattendo il rischio isolamento e di demotivazione; dall’altro lato, è essenziale per non interrompere il percorso di apprendimento. [Miur Prot. 388 del 17 marzo 2020]

La DAD, la didattica a distanza. Tutti i contesti di insegnamento si stanno mettendo davvero alla prova su questo nuovo modo di intendere la didattica, quella on-line, che fino ad ora è stata spesso usata come strumento di integrazione a una didattica in presenza.

Con i nuovi decreti tutto è cambiato e sono convinta che continuerà a cambiare.
Non si può definire un positivo o un negativo, ma delle situazioni che vanno reinventate e ricostruite.

In questi ultimi giorni, nei primi confronti con i docenti, che con grande coraggio si stanno reinventando e riformando, mi sono accorta di quanto lavoro sotterraneo si stia muovendo anche se all’apparenza tutto potrebbe sembrare fermo.

Oltre alle lezioni frontali da preparare on-line e i confronti tra docenti nei consigli di classe, che si sono ulteriormente rallentati, manca tutto ciò che motiva davvero i ragazzi a frequentare la scuola…

Le relazioni

Ritengo davvero importante cercare di proporre il più possibile strategie e metodi che richiamino alla quotidianità, ma è altrettanto evidente che tutte quelle prassi, tutte quelle comunicazioni informali e tutti quei vissuti (dichiarati o meno) che avvengono nelle classi sia fra professori e alunni che tra coetanei, con questo tipo di didattica vengono a mancare, dandoci una maggior sensazione di distanza.

E qui nasce la vera sfida

Come riuscire a far entrare nelle lezioni quegli elementi di “cura educativa” che favoriscono apprendimenti di crescita individuale connesse a competenze e pratiche sociali di cui tutti i nostri adolescenti, anche quelli più in difficoltà, hanno strettamente bisogno?

  • Le proposte al momento sono ancora frammentate: alcuni educatori di sostegno si inseriscono nelle ore della classe e stabiliscono delle ore singolarmente con il ragazzo chiedendogli probabilmente qualche sforzo in più; qualche insegnante sta pensando a come ritagliarsi dei momenti di informalità, quella che a scuola avveniva durante i cambi d’ora nei corridoi, per motivare gli alunni o per capire come stanno in famiglia; gli psicologi stanno provando dei colloqui in video-chiamata per le situazioni più a rischio.
  • Questo è un inizio, ma le problematiche con le connessioni internet, i resistenti alle tecnologie, i ragazzi che faticano a stare seduti per troppo tempo, le famiglie con più figli, tutti con il medesimo bisogno della connessione nello stesso momento, o quei genitori che non riescono a passare l’importanza di studiare per se stessi e non solo per la promozione; giovani che vivono sempre di più una confortante quotidianità in casa e si relazionano dietro agli schermi dei loro cellulari.

I tempi stanno cambiando

L’epidemia ha dato una maggior “accelerata” a tutte queste situazioni che fino ad oggi erano considerate “problematiche” di alcuni nuclei familiari, quelli affidati agli educatori e ai servizi sociali, ma che ora riguardano l’intera comunità.

É proprio ora che gli adulti hanno il compito e la responsabilità di ripensarsi, per insegnare ai ragazzi un uso adeguato dei mezzi tecnologici, per mostrare ai più giovani i valori e modelli efficaci di stare insieme.

Veronica

 

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