Mi chiedo cosa sto facendo e come lo sto facendo

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mi chiedo cosa sto facendo

Dopo tanti anni, una giornata come questa ha ancora il potere di farmi riflettere sul percorso in atto.

Quando mi sento che in fondo il mio lavoro di educatore con gli adolescenti lo so fare bene, che tutto sommato per tante cose è sufficiente inserire il pilota automatico e spesso mi convinco anche di non avere più molto da capire o imparare e che non ci sono più segreti per me, ecco che arriva una giornata come questa.

Sì, perché a parole è facile dichiarare la mia apertura al cambiamento, la mia capacità di autocritica e considerare l’opzione che io stia sbagliando qualcosa nel mio intervento; ma diventa più difficile nel momento in cui ci sono giornate un po’ così, in cui per capirle è indispensabile rimettere in discussione le mie azioni e quindi una parte di me.

Sono arrivato a un forte scontro con uno dei ragazzi; ne rivendico la correttezza e la necessità; ma comunque mi sento un po’ scosso. É l’apice di un periodo in cui mi sto ripensando nel lavoro. Tutto questo incrina le mie certezze, spariglia la mia arroganza, che mi faceva pensare, in fondo, di essere arrivato. É un bagno d’umiltà. Il confronto con la mia carissima collega, con cui lavoro gomito a gomito da cinque anni, mi fa pensare, tocca e svela, seppur con garbo, corde personali tenute nascoste. Ed è per questo faticoso, a tratti fa male, ed è quindi utile. Perché sul mio curriculum ho scritto che “sono disposto ad imparare dai colleghi e dal lavoro di squadra”, ma nella pratica accettarlo è leggermente più difficile.

Mi chiedo cosa sto facendo, come lo sto facendo e come sto contribuendo all’educazione dei ragazzi che mi sono affidati. Che cosa trasmetto loro con il mio agire educativo?

Devo tenere presenti le emozioni che mi smuovono, spesso contrastanti; devo pensare al mio ruolo di adulto e devo applicarlo al meglio. Opero con del “materiale” estremamente prezioso, maneggio per lavoro pezzi del futuro prossimo e per questo le mie azioni devono necessariamente richiedere una costante riflessione.

Le giornate come quella di oggi sono giornate toste; giornate feconde. Ed è bello concluderla dove sono ora, nella stessa piazza dove 6 anni fa è iniziato il mio mestiere di educatore. Oggi mi ricorda il mio primo giorno di lavoro.

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