Se mi rappresento

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se mi rappresento

Con un piccolo gruppo di studenti dell’istituto Professionale “Luigi Einaudi”, abbiamo svolto il laboratorio mattutino “SE MI RAPPRESENTO”: creato per promuovere risorse e autonomie, costruire nuove progettualità e orizzonti, per quegli studenti più vulnerabili al rischio di dispersione.

Il gruppo, composto da 11 ragazzi di prima superiore, è riuscito a lavorare bene assieme, nonostante provenissero da tre distinte classi prime, conosciute per la particolare vivacità di alcuni.

“L’aggancio” con la maggior parte di loro è avvenuto durante l’anno scolastico, grazie all’educativa di corridoio. Qualche ragazzo invece è stato segnalato direttamente dai professori, con i quali per tutto l’anno scolastico è emersa una spiccata cooperazione e desiderio educativo, in linea con l’idea di integrazione promossa dal progetto.

La comunicazione e i passaggi, dopo un inziale percorso di conoscenza reciproca e condivisione di intenti, sono sempre stati molto chiari e semplici in una collaborazione davvero ottima.

Il laboratorio proponeva otto incontri mattutini con attività ben definite ed organizzate, settimana per settimana, ma si sa, con i ragazzi bisogna essere flessibili, bisogna adeguarsi ed occorre fermarsi, parlare, riflettere insieme a loro e generalmente rivoluzionare tutto di colpo.

Sebbene ogni giorno ci presentassimo a scuola pronte con la nostra attività, terminavamo le nostre ore a disposizione inciampando su qualche argomento particolare, con la consueta intenzionalità che contraddistingue il lavoro educativo, e la predisposizione a cogliere nei discorsi dei ragazzi alcune sfumature da valorizzare. Argomenti talvolta impegnativi e talvolta più leggeri, perché lì, nell’aula o nel giardino della scuola, i ragazzi spiccavano il volo, parlavano, parlavano, parlavano, fino a scavare nel loro profondo, senza che gli fosse chiesto mai nulla. Tutto da soli.

Abbiamo chiesto solo di osare, provare, riflettere e sperimentare, con la concezione di superare paure e frustrazioni a vantaggio di una spontaneità ed autenticità, che potesse portare ad una crescita.

Inizialmente temevo che, date le criticità che portavano i ragazzi rispetto alla costanza e alla tenuta sul compito (moltissimi di loro avevano una frequenza scolastica discontinua, di alcuni era più facile contare le assenze piuttosto che le presenze a scuola, tutti portavano una scarsa motivazione alla didattica), potesse inficiare sulla formazione del gruppo e sul risultato del laboratorio stesso. Mi sono invece ricreduta, contenta di averli sentiti piano piano uscire allo scoperto.

Lo scopo del laboratorio, infatti, era quello di riflettere sulla propria persona, in una fase tanto difficile quale l’adolescenza, cercando di rappresentarsi e dipingersi con l’aiuto di alcune attività: abbiamo iniziato con una breve presentazione di sé, a cui poi abbiamo accostato semplici domande sul futuro “come ti vedi tra dieci anni? che lavoro vorresti fare?”. Le prime risposte erano un po’ meccaniche, copiate l’un l’altro, poi i ragazzi da soli, hanno incominciato a provarci, a puntare un po’ più in alto ed azzardarsi a desiderare qualcosa di veramente interessante.

Dalla prima attività abbiamo captato quali fossero all’incirca i loro desideri comuni , le loro passioni e anche, suvvia, le loro fissazioni; così abbiamo orientato i successivi incontri all’ascolto dei loro brani musicali, sviscerandoli parola per parola e lasciandoli liberi di interpretare. Dai brani musicali che hanno voluto condividere, tutt’altro che insipidi o privi di significato, siamo passati alle domande e alle curiosità nascoste, spesso orientate al mondo relazionale ed affettivo in cui i ragazzi stanno iniziando a sperimentarsi.

Altro tema emerso con forza è stato quello del limite e della trasgressione delle regole: abbiamo così deciso di dedicare loro il tempo richiesto e necessario, perché in fondo ciò che emergeva più di tutto era una grande voglia di esprimersi senza giudizi , in uno spazio in cui le parole fossero proprio in movimento.

Crediamo di aver lasciato ai ragazzi dei buoni spunti di autocritica e riflessione, contente di aver dato loro un piccolo spazio dove poter sfogarsi ed aprirsi.

Dopotutto la scuola non è solo ciò che li lega alla didattica, ma uno spazio di relazioni, uno spazio di vita in cui possono sperimentarsi. “Imparare a cogliere le occasioni”, anche in un ambiente da cui ti aspetti forse poco, è ciò che i ragazzi hanno voluto sottolineare nell’incontro di chiusura di questo percorso.

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