PREMESSA

di

Giuseppe Rivadossi, Tesoro vivente dell'arte della lavorazione del legno, posa accanto a Dolmen, sua creazione in tiglio di selva, che evoca l'appartenenza di tutti noi alla terra e alla grande natura (foto Courtesy Giuseppe Rivadossi)

IL VALORE DEL MESTIERE

La Premessa di Alberto Cavalli Direttore Generale Fondazione Cologni al volume “Il valore del Mestiere”, edito da Marsilio a cura di Fondazione Cologni, ci introduce alla profonda bellezza del mestiere d’arte. I manufatti che nascono dalle abili mani dei maestri artigiani trasformano il progetto infondendogli un’anima. Un’anima che traspare dalla creazione e ne comunica l’unicità, coinvolgendoci ed emozionandoci. Perchè la bellezza parla agli occhi ma tocca anche il nostro cuore.

Si ringrazia l’editore per la cortese concessione alla pubblicazione.

I manufatti sembrano interrogarci, oggi più che mai. Su quale senso abbia il permanere di un oggetto in un contesto sempre più improntato allo spreco e al ricambio insensato, per esempio. O su quale ruolo possa giocare il gesto umano nel portare a compimento un’operazione che potrebbe anche non richiedere alcun contatto, alcun pensiero, alcuna riflessione. O ancora, su che cosa significhi oggi ripensare ai propri desideri, trovando forse adeguata risposta proprio in quei manufatti che si discostano dall’onnivora presenza dell’isomorfismo mimetico – tutto ha la stessa forma, tutto è mediocremente popolare, tutto è sufficientemente venduto.

Gli oggetti hanno voce e forse hanno anche un’anima, se è vero che le nostre case recano ancora le tracce visibili di coloro che quegli oggetti li hanno posseduti, e prima ancora li hanno desiderati, richiesti, visti nascere, utilizzati. L’anima scorre nell’oggetto attraverso la mano dell’uomo: la mano che progetta, quella che crea, quella che comprende – è possibile infatti “comprendere” anche attraverso il tatto, nel senso di intuire e di percepire – e infine lo tramanda, aprendosi come a rivelare un tesoro prezioso.

Eppure, mai come nel nostro secolo la voce dei manufatti, di quegli oggetti che nascono dal lavoro tenace e paziente dei maestri d’arte, è difficile da udire ed enigmatica da decodificare. Richiede un’operazione di interpretazione, o di mediazione: e forse è questo oggi il ruolo che il maestro d’arte deve saper occupare. Quello dell’interprete.

Si è visto come il maestro d’arte di oggi, e soprattutto quello di domani, sia un professionista in grado di interpretare alla perfezione un progetto e di trasformarlo in un prodotto la cui anima sia percepibile, desiderabile, eloquente. Un’anima che traspaia dalla superficie del materiale e ne comunichi l’unicità, anche laddove la produzione preveda una certa serialità.

Interpretare il progetto di un designer non è una scelta neutrale, non è un lavoro che chiunque può fare. Se è vero che i sapienti del passato erano soliti esporre le loro teorie sotto forma di dialogo, oggi il dialogo tra il maestro d’arte e il designer deve rappresentare e trasmettere una sapienza diversa, soprattutto in Italia: quella del progetto che si fa opera eccellente, realizzata a regola d’arte.

I designer sanno che in Italia trovano non solo un ambiente culturale fertile, ma anche “mani intelligenti” di maestri d’arte che sanno comprendere il progetto, porsi in dialogo, restituire una visione concreta sull’uso dei materiali e delle tecniche. Ma così come gli oggetti, anche i gesti hanno voce: hanno suono, consistenza, persino peso. Dal dialogo tra il creativo e il maestro nasce quel prodotto sensibile, bello, stupefacente che fa la  differenza: un prodotto con un’anima.

L’anima: il dottor Faust la vendette in cambio della soddisfazione dei suoi desideri. E oggi, prima ancora di venderla, quest’anima occorre trovarla: occorre ogni volta rendersi interpreti di una visione e di una estetica, di una cultura e di un pensiero, di un mestiere che sia anche e in primo luogo energia.

                                                                    Alberto Cavalli

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