I TALENTI ITALIANI

di

Michele De Lucchi con Philippe Nigro, sgabello e colonna appendiabiti Bisonte, Produzione Privata, 2005

IL VALORE DEL MESTIERE

Pubblichiamo il bell’intervento di uno dei grandi maestri del design italiano, l’architetto Michele De Lucchi, che ci spiega come il successo mondiale dell’Italian Design derivi dalla miscela unica e straordinaria di progettualità e grande manualità e come gli artigiani siano a tutti gli effetti protagonisti non secondari di questo successo.

Il contributo è tratto dal volume I talenti italiani. Mente, mano, macchina, di Alba Cappellieri e Matteo Pirola, edito da Marsilio, a cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

Si ringrazia l’editore per la cortese concessione alla pubblicazione.

 

Il successo dell’Italian Design nel mondo deriva da una miscela unica e straordinaria di componenti quali individualismo e cooperazione, sensibilità e razionalità, know how e sperimentazione, estetica classica e trasgressione; il tutto coniugato grazie al genio di designer e imprenditori. Ma l’innegabile prestigio del design italiano non sarebbe stato possibile senza il fondamentale contributo di altre grandi personalità, i maestri artigiani.

La loro storia è parte integrante di questa storia italiana del design e come tale merita grande attenzione.
I protagonisti dell’alto artigianato italiano non sono certamente i lavoratori delle botteghe medioevali, quelli che a fatica con sega e martello costruivano una sedia, ma sono piuttosto dei lavoratori creativi, dei veri e propri artisti. Sono maestri che usano l’arte per trasferirla negli oggetti d’uso tipici della nostra cultura. Il talento delle loro mani è la “materia prima” da cui sono nati molti dei prodotti più rinomati e riconosciuti del cosiddetto Made in Italy.
Ma il tema dell’artigianato viene ancora troppo spesso associato a qualcosa di vecchio e antiquato, superato dalla produzione meccanizzata. Oggi ci sono strumenti e lavorazioni molto diversi dal passato, molto più efficienti e sicuri e il confronto con la tecnologia è necessario e inevitabile. Viene da domandarsi se saremo dominati veramente dalle macchine e dagli oggetti fatti dai robot o se ci sarà ancora qualcuno che con il talento delle mani saprà ridarci il piacere delle cose umane. Dopotutto anche le macchine e le tecnologie sono figlie della genialità umana e non c’è ragione di rinnegarle. Anzi, la meccanizzazione produce in quantità, quindi a basso costo e per tutti. D’altro lato la sola dimensione artigianale non ci premetterebbe di godere del benessere nel quale viviamo, almeno in gran parte del mondo occidentale, e non farebbe beneficiare le società dei vantaggi delle tecnologie, da quelle applicabili nel settore della medicina o nelle telecomunicazioni, solo per citarne alcuni. Ma allora perché continuare a fare le cose a mano? C’è realmente una differenza con le cose fatte a macchina o è solamente nostalgia dei tempi passati, forse snobismo da annoiati intellettuali?
No, la questione del saper fare con le mani non è oziosa. La civiltà delle macchine, nonostante i tanti vantaggi, rischia di alienarci in una dimensione fredda e standardizzata che squalifica la personalità individuale, produce stress e insoddisfazione. Gli automatismi sono efficienti e comodi ma atrofizzano. Ci rendono inermi e incapaci di reagire alle più piccole difficoltà. Per questo preservare la dimensione umana è molto importante e l’artigianato, oltreché un tema centrale del dibattito sulla modernità, è anche una modalità positiva di approccio alla vita. Fare le cose con le mani permette di affrontare la vita con equilibrio. Molti sociologi, antropologi, medici e scienziati stanno analizzando il tema nel rapporto tra industria e artigianato, tecnologia e manualità. Essere artigiani è una bellissima prerogativa e un grandissimo vantaggio. È prima di tutto un modo di ricercare l’alta qualità. Un artigiano ha una relazione diretta con quello che produce, sa che quello che esce dalle sue mani lo rappresenta e non accetterà mai che non corrisponda alla sua idea di perfezione. Un artigiano ha poi la possibilità di verificare in continuazione l’evoluzione delle proprie abilità e questo è motivo di gratificazione e soddisfazione, soprattutto quando si sperimenta, si cercano cose nuove e il risultato appaga perché migliore, giusto, innovativo. Facendo si impara, come si dice, e per imparare bisogna essere liberi dalla paura di sbagliare e sicuri che l’errore è parte integrante del processo evolutivo. Quindi gli artigiani hanno il vantaggio di poter sbagliare, di riconoscere velocemente il proprio errore, di porvi rimedio velocemente ed evitare di ripeterlo. L’opportunità di poter ricominciare sempre daccapo è un’occasione straordinaria che ci mette di fronte a noi stessi e alle nostre capacità, ai nostri talenti e alla nostra creatività. Ne abbiamo bisogno.
Oggi i modi di essere artigiani sono molti e si può avere successo anche nella società contemporanea. I nuovi artigiani sanno che stanno continuamente rinnovando un antico mestiere, e non rinnegano certo i processi di modernizzazione e il supporto di nuove tecnologie. Ma conoscono il valore di quello che fanno e sanno preservarlo. Ci sono artigiani stupendi sopravvissuti in giro per il mondo che possono insegnare la bellezza e la straordinarietà delle cose fatte con amore, pazienza, passione e dedizione. Sono esseri umani che realizzano oggetti che le sole macchine, anche le più sofisticate, non saprebbero fare, che sanno dare alla superficie delle cose una sensazione tattile inimitabile. È una sfida continua per affermare il senso e la bellezza delle cose fatte con le mani. E con la testa.

 

Michele De Lucchi

Architetto e Designer

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