LE MANI DEI NOSTRI FIGLI

di

IL VALORE DEL MESTIERE

Oliviero Toscani, illustre fotografo che festeggia quest’anno 65 anni di carriera, vincitore di numerosi premi internazionali e riconoscimenti, autore di importanti campagne pubblicitarie e sociali, ha voluto offrire il suo contributo al tema dei mestieri d’arte e della manualità ai nostri giorni: pubblichiamo quindi con piacere il primo di due articoli dedicati alle sue riflessioni in merito, e alla convinzione che si debba pensare a una formazione nuova per i giovani, che passi dalle mani e dalla creatività che con le mani si può liberamente esprimere.

 

Si ringrazia l’editore Symbol per la cortese autorizzazione alla pubblicazione.

Articolo tratto dalla rivista “Mestieri d’Arte” numero 3, aprile 2011.

 

“Dobbiamo ricominciare a usare le mani, solamente così la creatività potrà esprimersi al suo meglio. Dobbiamo insegnare ai nostri figli la manualità. È il migliore investimento che possiamo fare. È l’antidoto migliore contro l’omologazione da computer, quella che sviluppa il polpastrello dell’indice e lascia inerte, insieme con le mani anche il cervello. Non c’è differenza tra l’artista e l’artigiano: ambedue trattano la materia e la trasformano. L’artista è una estensione dell’artigiano perché la base del lavoro manuale è indispensabile per tutti gli artisti; è la sorgente della creazione delle forme e dei colori.
Ho un rispetto infinito per chi sa costruire con le mani. Mi piacciono le mani capaci di chi è abituato a toccare le cose: le unghie sporche di terra del contadino, le mani callose del muratore, le dita abili della sarta, quelle odorose di tempera e di acquaragia del pittore e dell’imbianchino, le mani muscolose dello scultore, quelle del fornaio, quelle della cuoca, quelle del violinista. Chiunque ha consuetudine con le cose materiali ha mani espressive, di una bellezza che non ha niente a che vedere con le cure dell’estetista.
Le mani che, al contrario, denunciano volutamente il loro non uso, mi allontanano: le mani delle donne che si fanno crescere le unghie per far capire che non lavano i piatti, le mani degli impiegati che esibiscono l’unghia del mignolo lunghissima e appuntita, quelle ricoperte da troppi anelli. Le mani parlano della volgarità delle persone in modo inequivocabile.
Solo chi usa le mani, solo chi lavora, ha mani belle. Il lavoro manuale dà anche una gioia sensuale che è difficile ritrovare nelle tecniche attuali e le mani raccontano la soddisfazione di chi sa creare usandole.
Sembra incredibile che il lavoro manuale sia stato così screditato negli anni recenti: è un altro sintomo del degrado piccolo-borghese che si affida alla cosiddetta multimedialità e virtualità come fossero i marchi riconoscibili della modernità.
Ci vorrebbe invece un’università del lavoro manuale che gli ridia quella dignità che, non si sa come, sembra aver perduto. Ci vorrebbero operai, falegnami e meccanici, fornai e barbieri che insegnassero l’abilità manuale in corsi appositi, ci vorrebbero maestri che insegnino a usare le mani ai bambini dell’asilo”.

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