A Bari Affido Culturale per chiacchierare con Arianna Ricchiuti di donne e divulgazione scientifica

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Affido Culturale, progetto nazionale selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, in occasione della Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza ha incontrato a Bari Arianna Ricchiuti che in questa città ha conseguito la Laurea in Scienze Biologiche prima di volare alla SISSA di Trieste ed approdare ad Amsterdam dove attualmente lavora nell’Ufficio Comunicazione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per conto di EJR-Quartz.

  • Raccontaci com’è nata la tua passione per le scienze tanto da portarti a costruire la tua carriera universitaria in ambito scientifico e, se c’è, un aneddoto che ti fa piacere condividere con grandi e piccini!

Ho sempre avuto un forte interesse per la natura, che piano piano si è spostato verso le stelle e l’Universo.

Credo che il merito vada in primis ai miei genitori e a mia sorella che, quando ero piccola, tendevano a regalarmi dinosauri, puzzle e riviste come Focus, e poi ad alcune maestre che hanno saputo rendere le scienze davvero affascinanti a scuola.

Una grande influenza l’hanno avuta anche gli astronauti: ho ricevuto un autografo da Paolo Nespoli, ho incontrato Luca Parmitano e… incrociato Samantha Cristoforetti nel bagno dell’ESA! C’è stato poi un evento importante: per i miei 20 anni papà mi ha comprato un telescopio.

Quello è stato il motore che mi ha spinta a prendere sul serio la mia passione per la scienza.


  • Nel tempo ti sei sempre più appassionata alla divulgazione della scienza, così da specializzarti nella comunicazione della scienza a livelli molto alti. Perché ritieni che si debba parlare di scienza? A chi credi si debba farlo e come?


Se ci pensate, le azioni che compiamo e le decisioni che prendiamo ogni giorno si basano sulla scienza: far bollire l’acqua per la pasta, disinfettare le superfici, lavarci i denti. La scienza è qualcosa a cui tutti contribuiamo e di cui tutti beneficiamo, perciò deve essere condivisa.

Oggi inoltre viviamo in un contesto molto caotico dove siamo sempre connessi e sommersi di informazioni, in cui può essere molto difficile destreggiarsi e riuscire a distinguere la realtà dalla finzione. Credo che scienziati, comunicatori e giornalisti scientifici abbiano un ruolo fondamentale: quello di riportare ordine nel caos.

È importante fare luce su tutti gli aspetti che caratterizzano la scienza e la ricerca, dal metodo scientifico alle sperimentazioni, dalle strategie di marketing agli interessi politici, dai bias agli errori.

In questo modo, tutti possono acquisire consapevolezza, ad esempio, su come si produca un vaccino in soli 11 mesi, su quanto un prodotto “naturale” sia in realtà perfettamente chimico e su quanto una intensa nevicata a Poggiofranco non sia indice di un miglioramento globale delle temperature.

Purtroppo non esiste la bacchetta magica: esistono mezzi adatti a diversi scopi e diversi pubblici. Un dibattito televisivo può raggiungere le vecchie generazioni, una storia su Instagram gli adolescenti. Se vuoi sviluppare un contenuto articolato puoi pensare a YouTube, per dare piccoli bit di informazioni c’è Tik Tok.

 

  • Avendo girato molto, ci farebbe piacere anche che ci raccontassi dei vari contesti culturali con cui sei venuta a contatto in Italia e all’estero.

Nella vita ho viaggiato molto per congressi e festival scientifici e questo mi ha permesso di entrare a contatto con ricercatori e appassionati da tutto il mondo.
Noi Italiani tendiamo sempre a sminuirci, a credere che “i Paesi del Nord”, “l’America” siano migliori, ma se c’è una cosa che ho capito è che ogni Paese ha luci e ombre.

Non mi sento di poter fare affermazioni su posti dove sono stata solo di passaggio, ma sicuramente posso dirvi qualcosa sui Paesi Bassi, dove vivo da circa un anno: ci sono state molte contraddizioni nella gestione della pandemia (es. nella prima ondata nessuno usava le mascherine) e c’è un approccio alla salute molto lontano dal nostro (es. un medico specialista lo vedi solo se sei in punto di morte).

D’altra parte, i Paesi Bassi hanno una realtà culturale molto attiva: ci sono musei, mostre e festival di ogni tipo, università rinomate e condizioni lavorative che, ahimè, in Italia possiamo solo sognarci.

Qualcosa posso dirvela anche sui miei posti di lavoro, EJR-Quartz e l’Agenzia Spaziale Europea: sono entrambe realtà multiculturali e internazionali, dove ho a che fare con colleghi provenienti da Regno Unito, Canada, Romania, Cina. In un contesto del genere, valori come accettazione, rispetto e uguaglianza sono la norma. Si respira aria di innovazione, si punta in alto e si guarda al futuro. Mi sento molto arricchita da tutto questo, sia sul piano professionale che personale… E ho migliorato tanto il mio inglese!

11.02: giornata delle donne nella scienza. Che valore attribuisci ad una giornata come questa? Per te personalmente, in base anche alle difficoltà/opportunità che hai avuto nell’essere una donna di scienza, ma anche come valore assoluto.

E’ una giornata ad oggi necessaria, ma che spero in futuro diventi superflua.

Sono ancora troppe le umiliazioni a cui donne e scienziate sono sottoposte ogni giorno. Sul piano professionale non mi sono mai sentita discriminata o svantaggiata né ho incontrato persone che mi abbiano messo i bastoni tra le ruote perché sono una donna.

Ma so cosa significa ricevere uno sguardo ammiccante, un complimento di troppo, un apprezzamento sul mio aspetto anziché sulle mie competenze.

Per queste ragioni dobbiamo tutti, donne e uomini, impegnarci per costruire un ambiente più inclusivo e paritario.

Troppo facile pensare che dipenda dall’alto (“i governi”, “i capi”) o dagli altri (“loro sono maschilisti, non io”).

Tutti possiamo contribuire, in bene o in male, nel nostro piccolo: lasciando che un bambino giochi con le Barbie e che una bambina di diverta con le costruzioni; utilizzando un linguaggio più accogliente e pacato sui social; incominciando a notare tutte quelle dinamiche dei media tradizionali (il conduttore uomo con giacca e cravatta, la velina rigorosamente donna e in bikini) ma anche dei media moderni (titoli in cui si chiama l’uomo con nome + cognome e la donna solo per nome) che sono frutto di un maschilismo interiorizzato, pericoloso e subdolo.

Per cui, viva l’11 febbraio, e che lo sia tutti giorni!

 

  • Se delle donne ti hanno ispirato, saremmo curiosi di conoscere la tua top 3!!!
  1. Mia sorella Deborah, istruttrice cinofila presso JacoClub Bari – Un esempio di tenacia, passione e dedizione, è la prova vivente che non è mai troppo tardi per realizzare i propri sogni (si è laureata quasi a 30 anni) e che bisogna sempre puntare in alto (obiettivo: mondiali di Agility Dog)
  2. Claudia Pacelli, amica e ricercatrice presso l’Agenzia Spaziale Italiana – Ci siamo conosciute tramite vari congressi di astrobiologia e mi ha sempre stupita con i racconti delle sue spedizioni scientifiche in giro per il mondo e dei suoi esperimenti a bordo della ISS. Cioè dai, quant’è figa?!
  3. Margherita Buoso e Erica Rolfe, le mie manager – Mi hanno dimostrato cosa vuol dire essere leader: significa arrivare in alto restando umili e gentili, quasi materne; saper mostrare gli errori come opportunità di crescita; saper condurre ma soprattutto ispirare.

 

 

 

 

 

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