Storie di volontariato, Fondazione Francesca Rava NPH Italia Onlus

di Con i Bambini

Veronica, Laura, Basilio raccontano le loro esperienze di volontari con i bambini orfani. Dal 2013 la Fondazione Francesca Rava – NPH Italia Onlus organizza i campus di lavoro volontario di 2 settimane presso alcune delle Case orfanotrofio NPH in America Latina: Nicaragua, Haiti, Repubblica Dominicana, Guatemala, Messico, Honduras. A cinque anni dall’inizio dell’attività, sono 600 i volontari già coinvolti.  E’ un’esperienza che lascia una traccia importante in chi le vive. Ve la raccontano i protagonisti.

 

CAMPUS HAITI 2016

Il racconto di Veronica, 16 anni

 “È vero, Haiti è povertà, è sporcizia, è violenza, è criminalità, è SlumHaiti è considerata un inferno terrestre…. Ma perché guardare solo un lato della moneta? Perché Haiti non è conosciuta anche come il paese che ha lottato per la sua indipendenza per sfuggire a secoli di sottomissione? Perché Haiti non è conosciuta come l’isola che ogni giorno lotta dignitosamente per la sopravvivenza?  Perché Haiti non è conosciuta come la terra dei sorrisi? Quei sorrisi dei bimbi che, seppur sdentati, ti colmano il cuore di genuinità e di puro amore. Quei sorrisi che ripagano le poche ore di sonno e le infinite ore di viaggio. Quei sorrisi che in qualche modo ti incatenano il cuore a quel terreno così arido e che rendono la partenza così strazianteAd Haiti ho imparato che un abbraccio, un pianto, un sorriso valgono più di un qualsiasi iPad, più di un orologio prezioso o di una mega villaHo imparato che le emozioni sono ciò che abbiamo di più puro e più prezioso… Ad Haiti ho conosciuto il vero valore del gruppo e dell’amicizia più veraHo imparato ad apprezzare tante cose, ma tra tutte, quella che forse avevo dato più per scontato: la famigliaIl dono più grande è la consapevolezza di avere qualcuno a casa che ti ama, che pensa a te e che aspetta il tuo ritornoNPH è diventata la mia seconda famiglia…. Nei giorni trascorsi nella casa NPH a Kenscoff, mi sono sentita circondata da tanti fratelli che ho imparato ad amare come se fossero i miei, allo stesso modo in cui amo i miei fratelli di sangueFratelli che hanno asciugato le mie lacrime con le loro manine così avvolgenti, fratelli che mi hanno presa per mano e portata a scoprire la felicità, fratelli che pur non avendo niente hanno condiviso con me quel poco che riuscivano ad offrirmi. Fratelli che mi hanno aiutata a fuggire con la mente e con il cuore, dalla quotidianità, facendomi vivere ogni giorno come se la mia vita fosse sempre stata lì con loro. Fratelli che mi hanno lasciato un vuoto veramente incolmabile, con i loro abbracci incisi sulla pelle ed i sorrisi stampati nel cuore… Haiti mi ha insegnato ad amare anche i bimbi con il passato più difficile, i bimbi con disabilità che vengono spesso ripudiati per le loro diverse abilitàQuesto campus della Fondazione Francesca Rava mi ha dato la possibilità di conoscere Marvens, Michaelle e James* e tanti altri meravigliosi bambini (*nomi di fantasia per proteggere la privacy dei bambini)Marvens è un bimbo della casa NPH di Kenscoff che ho notato fin da subito per la sua timidezza in cui riuscivo a rispecchiarmi. Un bimbo di poche parole capace comunque di dirti tanto solamente attraverso gli sguardi. Un bimbo che mi aspettava fuori dalla stanza la mattina per accompagnarmi, mano nella mano, a colazione ed aspettarmi per poi portarmi a giocare con lui. Un bimbo che silenziosamente mi seguiva ovunque andassi e cercava il mio braccio per potersi aggrappare senza mai staccarsi. Un bimbo che si è fidato solo di me per imparare a nuotare e che ha pianto per la mia partenzaLa stanza dei pesci nell’ ospedale pediatrico St Damien mi ha lasciato un segno indelebile; Michaelle con i suoi sorrisi e James con tutta la sua forza nonostante il suo passato così sofferto.Di Padre Rick che dire… mi ha sicuramente aiutata, con le prediche, a riavvicinarmi ad un Dio che pensavo di aver abbandonato dopo la quasi morte di uno dei miei più cari amici. Mi ha insegnato che nella vita bisogna avere mordente e lavorare duramente se si vuol veramente cercare di “cambiare il mondo” ed aiutare gli altri. Il loro lavoro è ammirevole! Haiti e Mariavittoria, con le loro storie, mi hanno insegnato che la nella vita bisogna reagire e trasformare il veleno in medicina senza lasciare che il dolore ci sotterri o prenda il sopravventoIn questo viaggio ho sicuramente ricevuto più di quanto io abbia potuto offrire ed ho imparato veramente ad amare oltre ogni limiteAdesso sento spesso il bisogno di scappare tra gli scogli con la musica  ad osservare il tramonto e rivivere Haiti in ogni canzone, ripensando ai bimbi e a questo viaggio che non potrò mai dimenticare…” 

 

CAMPUS REPUBBLICA DOMINICANA 2016

Il racconto di Laura, 17 anni.

 “Sono esperienze che mi stanno formando sempre di più come persona. Casa Santa Ana, in Repubblica Dominicana, è una boccata di aria fresca. Lì tutto è più felice, senza ansie o timori degli stereotipi sociali. Si ha il tempo di realizzare veramente cosa si sta facendo, come lo si sta facendo, per chi e come ci si sente. Mi sento utile, sia dal punto di vista pratico e concreto quando pitturo una costruzione, preparo la pizza per tutti i bambini o aiuto con le loro coltivazioni, sia dal punto di vista psicologico. Amo far spuntare anche solo mezzo sorriso sui visi di bambini o ragazzi grandi che siano, ridere con loro e confrontarci tra culture attraverso balli tipici o scherzi comuni! Sento che dopo il passato difficile che hanno dovuto affrontare, ora hanno finalmente diritto ad una vita soddisfacente e piena di possibilità. A dir la verità, nonostante io vada lì con l’intento di essere d’aiuto a loro, ammetto che sono la prima a dire che devo il mondo a quelle persone: ogni volta che torno sono sempre una persona migliore. Mi si aprono gli occhi, la mente e il cuore, e sento di essere una persona più completa. Sono dell’idea che Casa Santa Ana sia un posto magico, dove si ha sempre qualcosa da fare, un posto dove andare o qualcuno da conoscere, e appena metti un piede fuori di casa, inizi a sentire voci che gridano il tuo nome con entusiasmo, e nell’istante seguente hai una massa di bambini che ti corre incontro per abbracciarti. E lì sì che, qualsiasi siano i tuoi interessi, aspetto fisico, talenti o debolezze, sai di essere amato e apprezzato sempre e comunque. Ci tornerei altre mille volte a Casa Santa Ana, e consiglierei a chiunque di andarci per poter avere l’esperienza da sogno che ho avuto io.”

 

CAMPUS HONDURAS 2016

La testimonianza di Basilio, padrino

 “Avete presente quando apri la scatola di un puzzle e ti trovi davanti ai pezzi sparsi e vieni presi da un senso iniziale di smarrimento? Poi ogni singolo pezzo trova la sua giusta collocazione, l’incastro perfetto. Ecco, arrivare al Rancho Santa Fe, la Casa NPH in Honduras è cosi. Appena arrivato provi un senso di smarrimento, sei catapultato in una vita che non è la tua, la tua agiatezza, il tuo quotidiano fatto di amici, l’aperitivo, la scuola, i social network non esistono più. Ma basta sentire un saluto “hola padrino”, vedere un sorriso, riscoprire quegli occhi che hai lasciato l’anno prima sempre fieri e mai tristi, sentire il calore di un abbraccio che ti avvolge che lo smarrimento scompare e non ti interessa più nulla del fuso orario e della stanchezza del viaggio, di quello che hai lasciato a casa. Venti persone iniziano la loro convivenza e, come accade nel puzzle, i vari pezzi iniziano ad incastrarsi in modo naturale perché alla fine, quello che conta, è il risultato finale. Sai che ti aspettano due settimane di lavoro e poco importa se devi aiutare in fattoria, pitturare, stare piegato a strappare erba o altro ancora perché alla fine tornerai sempre da quei sorrisi, da quegli occhi, da quegli abbracci che ti daranno il carburante per ricominciare il giorno dopo e quello successivo…

Prima di partire, alla domanda di rito “Perché vai?” Rispondevo: “Perché voglio andare a trovare i miei bambini adottati a distanza”, ma adesso cambierei risposta: “Vado in Honduras a ritrovare un pezzo della mia seconda famiglia e non parlo solo dei miei figliocci ma di tutti i bambini accolti e accuditi nella Casa, di tutte le persone che lavorano, dei volontari”.

Alla fine, quando hai in mano l’ultimo pezzo del tuo puzzle ripensi a quando hai iniziato, il tempo è trascorso così velocemente che non te ne sei accorto e così quando arriva il giorno della partenza e vedi i bambini piangere e tu fai di tutto per trattenere le lacrime, ti rendi conto che non potrai più fare a meno di loro. Sali su quel pullman che ti riporta all’aeroporto, alla tua vita e finalmente lasci scendere quelle lacrime…”

[I materiali sono stati gentilmente concessi dalla Fondazione Rava. Con i Bambini non risponde delle immagini e dei contenuti]

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